Corrado Zunino, giornalista di Repubblica, che ho citato stamani nel mio post “La verità al contrario: mi risponde così.
Per quel che riguarda la citazione di “Repubblica”, fa un po’ impressione vedere un ex giornalista ricostruire a proprio piacimento gli articoli (in un italiano un po’ buttato, diciamo) riproducendo per gli “amici” di Facebook un senso diverso da quello che hanno in originale. Il titolo dell’intervista al presidente di commissione Andrea Marcucci , innanzitutto, è fedele al testo dell’intervista, punto. Nell’intervista, la si potrebbe pubblicare su Facebook per comprendere la scorrettezza della ricostruzione, nelle domande si fa notare che nelle ultime decisive riunioni i senatori Tocci e Mineo vengono esclusi dal partito. E si dice, nelle domande di quell’intervista, che “il cammino della riforma negli ultimi giorni è stato pasticciato”, si parla ancora di “caos conflittuale” e di “rivolta diffusa”. Si descrive la realtà, ecco, altro che stampa di regime. La chiosa di Mineo – “insomma, se ne voleva andare” – sulla notizia dell’annuncio dell’addio al partito di Stefano Fassina è, oltre che parziale, sciocca. Il testo originale dice: “La scelta della fiducia ha convinto Stefano Fassina a lasciare il Pd” (frase non citata nella ricostruzione di Mineo) e quindi c’è un elemento causa-effetto (fiducia-addio) che non ha nulla a che fare con “insomma, se ne voleva andare”. La frase da me attribuita a Mineo, ancora, è quella da lui pronunciata ieri alla fine delle ore convulse della commissione Istruzione del Senato: “La fiducia non la voto, è un puro atto di imperio. Non esco dal partito”. Cosa c’è di diverso tra “non esco dal partito” e: “Non sono come Civati (altra frase detta da Mineo) che esce per condurre una battaglia solitaria. Io sono per portare avantila mia battaglia da dentro”. E’ esattamente la stessa cosa, la prima sintetizza la seconda nelle righe disponibili in una cronaca di un quotidiano. Le assicuro, senatore Mineo: il collega Bei non esulta quando scopre che Renzi ha inviato un sms anche a Tocci, si limita a raccontarlo ai suoi lettori. Spiace che lei, senatore, nel suo racconto ai docenti che la seguono, non sia riuscito a essere un po ‘ più (bastava poco) cronista. Non basta condire faziose parzialità con Ėjzenštejn, non basta.
Eppure poco fa in aula al Senato -ne è testimone il senatore Calderoli- Andrea Marcucci mi ha ripetuto di non aver mai usato la parola “ostruzionismo” nell’intervista a Repubblica. E mi ha detto che scriverà ai membri della Commisssione Cultura per chiarire l’increscioso equivoco. Corrado Zunico, repubblica ha inventato l’ostruzionismo? Marcucci ha usato quella parola e ora smentisce?
Quanto alla vicenda Fassina, qualcuno è andato a pescare una frase detta da Stefano nientemeno che alla Sezione Capanelle del Pd. Un modo per spingerlo a farsi finalmente da parte. Come chiedono da mesi le veline quotidiane ai giornali inviate da Sensi per conto di Renzi: Bersani e D’Alema incisioni, Civati,Fassina Mineo prima se ne vanno meglio è. Troppo chiedere che Repubblica non si presti al gioco? Che legga il disagio di Fassina alla luce della durissima contestazione della legge da parte di tutto il mondo della scuola e di milioni di (ex) elettori del Pd? Da parte mia ho preso la tessera solo nel 2013, per votare Civati, e lascerò il gruppo se continua a ubbidir tacendo.
Infine Zunino difende Bei e ciò gli fa onore. Rilegga però l’incipit del pezzo del suo collega: “L’accordo tiene. Sulla buona scuola Matteo Renzi ha “cambiato verso”, dando via libera a una serie di modifiche per venire incontro alla minoranza del Pd”. Peccato che l’ultimo “contatto” tra renziani e minoranze risalga a due settimane fa, prima che il premier decidesse di rimangiarsi l’offerta di una conferenza sulla scuola e di imporre il blitz al Senato. Bei racconta le cose al contrario: i tre leoni di pietra restano gli stessi, cambia il significato.