“Non si scappa nei momenti di difficoltà”. Matteo Renzi rassicura Ezio Mauro: “Ero stato tentato di lasciare la politica. Un p0’ per curiosità un po’ per arroganza”. La sconfitta “brucia”, perché “abbiamo ancora un’occasione storica” ma “nessuno ci toglierà i mille giorni che abbiamo fatto, straordinari. E soprattutto nessuno potrà toglierci il futuro”. Un futuro fotocopia del passato. Perché il passato, secondo Renzi, è stato un grande successo, per l’Italia una vera rivoluzione: anche se il Pd, partito di cui è segretario, non sembra averlo compreso: “Vede, il Pd potrebbe vantarsi di un Jobs act votato dalla sinistra, di unioni civili votate dai cattolici, della legge sul caporalato e del miliardo e otto stanziato per la povertà, degli oltre 17 miliardi di recupero dalla lotta all’evasione, dell’abbassamento delle tasse. Invece i nostri votano in Parlamento, e tacciono nel Paese, anche sulle cose più positive”.
Ora il Pd dovrà cambiare. “Lanceremo una nuova classe dirigente, gireremo in lungo e largo l’Italia, scriveremo il programma dei prossimi cinque anni in modo originale. Siamo ammaccati dal referendum ma siamo una comunità piena di idee e di gente che va liberata dai vincoli delle correnti. Ci sarà da divertirsi nei prossimi mesi dalle parti del Nazareno”. Da divertirsi ai danni della minoranza interna: “Una parte del gruppo dirigente ha votato “no” con Lega, Grillo e Berlusconi, ma il 91 per cento degli elettori del Pd ha votato sì. La scissione la farebbero i parlamentari, non gli iscritti. Nonostante le leggende nere, abbiamo perso a destra, non tra i compagni”. Io sono la sinistra, sostiene il nostro, e ricorda: “ho portato io il Pd nei socialisti europei, cosa che quelli di prima non erano riusciti a fare. Io credo che la sinistra possa vincere e convincere. Ma deve entrare nel nuovo secolo, tenere insieme le tradizioni e il futuro”, rappresentare “gli esclusi, l’identità, l’innovazione e la speranza”. Per questo bisogna tornare alla “intuizione veltroniana del partito maggioritario. Credo possa essere la spina dorsale del sistema, soprattutto in un quadro bipolare come piace a me”.
Quindi rimane favorevole al ballottaggio, gli chiede Ezio Mauro, anche con Grillo in campo? “Sì, è il modo per evitare inciuci, governissimi, larghe intese tra noi e Forza Italia che non servono al Paese e aprono un’autostrada ai grillini. Ballottaggio, o se no Mattarellum. Se poi dalla Corte verrà fuori un sistema diverso ci confronteremo con gli altri. Col maggioritario il Pd è il fulcro di un sistema simile alla democrazia americana. Con il proporzionale torniamo a un sistema più simile alla democrazia cristiana. Ma il Pd sarà decisivo comunque. Il futuro dell’Italia passa da noi, dai nostri sindaci, dalla comunità di valori della nostra gente. Che non ne può più di chi tutti i giorni spara contro il quartier generale”. Così Matteo Renzi su Repubblica. 2 pagine fitte e titolone in prima: “Io, i miei errori, così cambierò il partito”, Dimenticavo, gli errori! “Non essere riuscito a far capire quanto fosse importante per l’Italia questa riforma. Non aver colto il valore politico del referendum. Mi sono illuso che si votasse su province, Cnel, regioni. Errore clamoroso!”
Piuttosto, clamorosa bugia. Perché fin dall’inizio Matteo Renzi, il giglio magico e il Pd di complemento, hanno spiegato in mille modi, hanno detto ogni giorno e mille volte al giorno, su ogni canale televisivo e con milioni di tweet o di post Facebook, con interviste e interventi su giornali locali e nazionali che il 4 dicembre si sarebbe votato non tanto su un testo (perfettibile, sostenevano) di riforma costituzionale ma sul modello Renzi, sulle leggi imposte al parlamento e sul modo (decisionista) con cui erano state imposte, sulla idea (renziana) della democrazia in cui uno solo (“il sindaco d’Italia”) vince e piglia tutto, sulla rottamazione degli avversari, rappresentati come il vecchio che minaccia il futuro, come il lato oscuro della forza, Darth Vader e l’impero del male. Questo hanno detto agli italiani e hanno perso. Non perché non si fossero spiegati o perché quasi 20 milioni di italiani o si fossero distratti. Avevano inteso e hanno votato No. Sei settimane dopo, quel voto viene cancellato. Renzi ritorna e la sua autocritica somiglia a un atto d’accusa, la sua assenza (temporanea) da Palazzo Chigi, a una minaccia. Che delusione! Quest’uomo mi sembra un violino a cui resta una corda sola. Uno sconfitto che si agiterà come prima, farà la faccia feroce e chiederà obbedienza. Per conquistare presto la sua Waterloo, la sconfitta finale.