Dolce e amaro. Così, il risveglio di Renzi. Dolce, il governatore della banca d’Italia: Ripresa avviata, il jobs act dà i primi frutti, le riforme non si fermino”, Repubblica. Amarissimo il giudizio della Cassazione che nega a De Luca l’ancora di salvezza del TAR. Amaro il pasticcio nell’ufficio di presidenza dell’antimafia, che si è diviso, con fuga di notizie sulla lista dei candidati impresentabili. “Cassazione e antimafia. Regionali a rischio caos”. Recita la Stampa. “Il giudice riapre il caso De Luca”, Corriere della Sera.
Riforme e bad bank. Già nel titolo il Sole24Ore offre la chiave per capire le considerazioni conclusive di Visco. Al governatore piace – spiega Fubini su Repubblica – “l’idea del governo di fornire garanzie pubbliche per aiutare le banche italiane a liberarsi di almeno 100 miliardi di crediti inesigibili”. L’Europa non sembra convinta e Visco appoggia Renzi. Ecco che definisce: “Un buon segnale aver ridotto il disincintivo alle assunzioni a tempo indeterminato”, anche se è ancora “prematura” una valutazione sugli effetti del jobs act”, bene gli 80 euro, che hanno dato una boccata d’ossigeno a molte famiglie in difficoltà, anche se non hanno aiutato i più poveri e in parte sono finiti a chi non ne aveva bisogno”. Bene le riforme promesse. Visco ne vuole una, in particolare, quella della pubblica amministrazione.
De Luca silurato, farsa in antimafia, titola il Fatto. La corte ha stabilito che tocca al giudice e non al TAR decidere sull’elegibilità del candidato di Renzi in Campania. Così, se De Luca fosse eletto, Renzi dovrebbe subito sospenderlo. Nessuno sa, poi, per quanto tempo il rimosso resterebbe sospeso e chi governerebbe nel frattempo. Quanto all’antimafia, ieri il premier si è subito chiamato fuori: “nessun candidato del Pd è impresentabile”, ma la lista non è ancora stata pubblicata e la fuga di notizie, che ha costretto la Bindi a soprassedere e a convocare per venerdì l’ufficio di presidenza, parla almeno di un impresentabile in Puglia a sostegno di Emilano. Sulla Stampa Marcello Sorgi scrive: “rottamazione mancata che rischia di costare cara”.
Questione immorale. La chiamerei così. Non solo per la vergogna delle candidature indecetenti, ma anche per lo scandalo altalenante che ne traiamo. “Per liberarsi finalmente della supplenza giudiziaria che tutto deforma a partire dal ruolo stesso dei magistrati, -scrive Buccini in una nota sul Corriere dal titolo al voto col capogiro – i politici non avrebbero che una via maestra: dimettersi in caso di ombre sul proprio operato e buttare fuori dai partiti ladri e corrotti”. Semplice, no? Al contrario si usa “confondere la sacrosanta presunzione di innocenza dovuta a ogni cittadino con un diritto-dovere di incollarsi allo scranno fino alla sentenza definitiva, conferisce a quella sentenza (e dunque al potere giudiziario) una impropria funzione di legittimazione del potere politico”. Di qui “il delirio italiano”, Brambilla, Stampa.
Timeo Danaos et dona ferentes. Ora Renzi promette una legge sui partiti e Ignazi, Repubblica, nota: “una norma che offra con forza di legge una rete di protezione alle minoranze può favorire un rapporto più disteso con le maggioranze”. Sirene, che forse hanno convinto Bersani, a sostenere, sia pure indirettamente la Paita in Liguria. Intanto la Meli scopre, nientemeno, che Renzi intende aprire a Landini e alla sua legge sulla rappresentanza sindacale: “I lavoratori e le lavoratrici hanno il diritto di votare i propri contratti e i propri accordi”. Che bravo! Ma se avesse voglia di dialogare, cominci con il ritirare il disegno di legge sulla scuola. Beninteso, senza bloccare le assunzioni.