La fine delle sanzioni all’Iran. É davvero un fatto storico e consiglio di leggere le pagine 2,3 e 5 del Corriere a esso dedicate. Mi permetto solo di aggiungere che l’antica Persia è oggi una democrazia, con una società civile assai vivace e (spesso) colta, ma è anche un regime nato da una rivoluzione teocratica, guidata nel 1979 dall’Āyatollãh Khomeyni, con una Costituzione che si ispira alla sharia. Si arrivò a quell’esito per l’incredibile scempiaggine di americani e inglesi che nel 1953 avevano ordito un colpo di stato contro il governo nazionalista e democratico di Mossadeq, e poi la monarchia asservita ed esotica di Reza Plhavi, ultimo “Scià di Persia”. Inoltre nel 79 gli americani osteggiarono le componenti laiche (e marxisteggianti) della rivoluzione, puntando prima sulla decomposizione del regime rivoluzionario, poi armando Saddam Hussein che, prima di diventare a sua volta il nemico pubblico numero uno, dal 1980 all’89, fece guerra all’Iran per conto dell’occidente. Devo ancora aggiungere che condivido le preoccupazioni dell’ambasciatore Roberto Toscano (passato dalla Stampa alla Repubblica). É possibile che il disgelo USA-Iran si blocchi, una volta che Obama non sarà più il Presidente degli Stati Uniti. Tanto forte è il potere di pressione della destra israeliana e della destra saudita, nemiche giurate dell’Iran.
Assenteismo, ecco il piano anti furbetti. Repubblica titola sull’ultima esibizione muscolare del premier Renzi: licenziato in 48 ore chi nella pubblica amministrazione sarà beccato a strisciare il cartellino per poi andarsene dove gli pare. Viva? A condizione che questo rigore precoce, subitaneo, propagandato, non serva per perdere tutte le cause, favorendo, alla fine, i peggiori tra i furbetti. Contro chi prende lo stipendio e non lavora, contro chi evade il fisco, contro chi corrompe o si fa corrompere si dovrebbe strombazzare di meno e colpire con maggiore efficacia. Invece un governo populista (e questo attributo non è qui usato come un insulto) strombazza molto. Ora che Junker lo ha attaccato (e Federica Mogherini si è allontanata da lui), Renzi confida ai retroscenisti di voler addirittura togliere dalla Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio. (Sono tra quelli che avevano firmato per il referendum). Che devo dirvi? Per me la politica è dichiarare cosa si vuol fare, perché e in che modo. É confronto pubblico e trasparente. Non battute, strigliate, contrordini e allusioni.
Walter Tocci è proprio una persona per bene. Ieri, quando è stata formalizzata la candidatura di Giachetti – di cui pure è amico – ha capito che il suo nome e la sua passione per Roma venivano usati da chi non voleva fare i conti con gli errori del Pd, le compromissioni con Mafia Capitale, con il modo con cui venne cacciato Marino. Ha preso carta e penna (pubblicherò tra poco il suo post anche su questo blog) per spiegare di non volersi candidare e per proporre, invece, al Pd di rinunciare al simbolo e promuovere una lista civica del centro sinistra, convocare il congresso prima delle elezioni, farsi promotore di una riforma istituzionale della capitale. Fassina ha subito reagito: “Se il Pd romano fosse disposto ad accogliere la proposta Tocci per la lista civica di centro sinistra pronto a ridiscutere tutto”, quindi anche la sua candidatura o almeno la scelta di non partecipare alle primarie. Orfini ha risposto picche: “Il Pd è orgoglioso del suo simbolo. Soprattutto a Roma dopo un anno di rigenerazione c’è un Pd diverso da quello che non si accorgeva di Mafia Capitale. Con quel simbolo ci presenteremo alle elezioni”. E con Roberto Giachetti.
L’Austria sospende Shengen. La Stampa. A pagina 4 e 5 un’inchiesta di Noccolò Zancan sull’Italia che plaude quando muore un nero. A pagina 6 una strana carta geografica mostra i confini dell’imperio carolingio (anno 800 dopo Cristo o giù di lì). Francia, Germania, Austria, Benelux, un pezzo del paese basco e della Catalogna, l’Italia del nord. É quel che, forse, resterà dell’Europa se dovessero vincere lo spirito delle crociate, l’islamofobia, la paura irrazionale e ideologica di ogni migrante che arrivi dal sud. Davvero l’Europa è in pericolo. Davvero abbiamo più che mai bisogno di Europa. Di quella che si forgiò nel secolo dei lumi, che cominciò a fare le sue prove dopo la grande rivoluzione, dell’Europa che celebrò la pace e con l’esposizione universale del 1900, che scrisse il suo futuro a Ventotene con Altiero Spinelli, dell’Europa di Willy Brandt sindaco di Berlino che si oppose al muro, dell’Europa del 68, di Cohn-Bendit e Rudi Dutschke, della primavera di Praga contro i carri armati russi, di Mitterrand e Khol impietriti davanti alle lapidi di Verdun che giurano mai più guerra, dell’Europa euro mediterranea ieri, di quella critica ed europeista di Tsipras e Iglesias.
Il piano Boschi Carboni giunse al CDA. Ma lo bloccò Bankitalia. Titola così il Fatto quotidiano. Non mi pare che ci siano ancora pistole fumanti, prove decisive di illeciti commessi dal padre della ministra. Però è incredibile la trama dei rapporti di potere, il riferimento costante ad ambienti massoni, il grumo di interessi e favori che la vicenda Banca Etruria sta portando alla luce. É un’Italia minore e provinciale, non trasparente e perciò pericolosa. Preoccupante, come la notizia, su tutti tutti i giornali, del finanziatore e amico del premier, tale Carrai, che entra nel mondo dell’intelligence con una supervisione sul web.