Ieri ha fatto sentire, tuonante, la sua voce lo statista Brunetta. “Ma quale rimpasto, vogliamo un patto di legislatura”. L’alleanza Pd – PDL una volta “di necessità, che diventa organica. Un’alleanza, cioè, che duri l’intera legislatura, offra una coperta a Berlusconi (potrebbe cadergli sul capo un nuovo processo Ruby per aver comprato il silenzio di ragazze e mezzani), traghetti il PDL verso un nuovo Partito Popolare (anche Casini sembra interessato), depuri il Pd di quei radicali liberi, ancora di sinistra, che potrebbero impedirne un sicuro approdo moderato.
La Repubblica: “Il PDL boccia il rimpasto, Letta frena”. E il ministro Zanonato promette: “In autunno via l’Imu e stop all’Iva”. Ecco il governo del fare. Senza ironia. Tutto sommato è meglio realizzare, con i pochi soldi disponibili, le promesse di Berlusconi che continuare a rinviare. Ma nuove ombre si addensano. Il Corriere della Sera titola “Federalismo, tasse record”. E si dimostra che la pressione fiscale locale è cresciuta del 500 per cento in vent’anni, che le addizionali comunali sono passate in 10 da 500 milioni a 4 miliardi, che le province spendono il 90 per cento in stipendi e affitti. Non sono dati nuovi, l’essenziale lo avevamo già letto e segnalato dal sole24Ore, e raccontano una realtà davvero allarmante. Ma sparati così dal Corriere, con Stella e Rizzo scatenati, fanno presagire che dopo gli sgravi fiscali, saranno i tagli alla spesa locale la priorità su cui dovrà misurarsi al governo.
Sempre sul Corriere, parla l’inoppugnabilmente inconsapevole Alfano e dice due cose. La prima, nel titolo: “non c’è una terza via tra questo esecutivo e il caos”. La seconda, nel cuore dell’articolo: “non vogliamo neanche pensare che si possa estromettere per via giudiziaria l’uomo più votato della storia”. Avvertimento alla Cassazione. Restituzione di favori. A Berlusconi che lo ha salvato, il vice presidente del consiglio promette protezione. Dai giudici. D’altra parte Angelo Panebianco ci spiega che così il mondo va e così deve andare. Il prestigio internazionale dell’Italia non esce bene dalla vicenda kazaka – spiega – ma neppure dal rinvio dell’acquisto degli F35. Le questioni internazionali (e le commesse militari) bisogna gestirle, tutte, lontano dai riflettori, magari con un bel segreto di stato che regga alla curiosità dei media, onde trovarsi poi a subire schiaffi (dagli americani), come nella vicenda Abu Omar.
Congresso Pd. Eugenio Scalfari, nell’omelia domenicale, si augura che non vengano presi provvedimenti per i 3 senatori che non hanno votato contro la sfiducia ad Alfano, pur essendo presenti, e per i 3 che non l’hanno votata essendo assenti. Ma poi spiega a Michele Serra che l’idea del “cambiamento” così come egli ne aveva parlato in riferimento all’89, è ormai anacronistica. Il cambiamento funziona con la modernità ma lontano da piazze e rivoluzioni, dunque nel 700 non ancora giacobino o nell’epoca d’oro della Belle Epoque. Tutto il resto è oscurità. Che dire? Da tempo non usa ispirarsi al 1917, non suona bene neppure riferirsi alle lotte sindacali e socialiste di fine Ottocento, ora sappiamo – Ratzinger lo aveva anticipato – che ci tocca maneggiare con molta prudenza anche la Grande Rivoluzione. Posso umilmente aggiungere un’esperienza personale. Uno straordinario professore di Storia Moderna, Virgilio Titone, mi spiegava con entusiasmo come la Parigi dei caffè fosse altra cosa dalla Parigi rivoluzionaria. Ricordo però che quando alludeva alle sue idee politiche, si definiva “borbonico” quel bravo professore.
Ancora sul congresso del Pd. #Mobbasta è un grido di dolore e un manifesto politico. I ragazzi di OccupyPd non ne possono più. Ma, come diceva il cattivissimo istitutore de “La Corale”, “a ogni azione corrisponde una reazione” (punitiva). E la reazione dell’apparato potrebbe essere una mozione congressuale che assicuri, senza se e senza ma, pieno sostegno al Governo Letta -Alfano fino al 2015. Non è una cattiva idea, almeno servirebbe a chiarire l’orizzonte politico nel quale ci si intenda muovere. Onde evitare vicende come quella siciliana.
Leggo dai giornali. Purtroppo non ho potuto prender parte alla riunione, alla quale ero stato invitato, della Direzione Regionale. La direzione ha intimato l’alt al Presidente Crocetta e al Senatore Lumia. Basta con il “megafono”, formazione politica che ha affiancato il Pd in Sicilia per le elezioni al Senato, ma poi si è presentata alle amministrative talvolta con il Pd (e alle sue condizioni) talvolta in alternativa. Ma Crocetta è arrivato tardi, as usual, ha detto che non ha intenzione di farsi imporre nuovi assessori alla Regione, ha minacciato di sostenere una sua giovane candidata come segretario regionale e ha ventilato una sua sua stessa candidatura per la leadership nazionale. Qual’è il succo? Che non si è parlato di politica, che le correnti (in Sicilia più che altrove) somigliano a cordate personali, che la questione morale viene usata … per chiedere spazio vitale. Che un bilancio del governo Crocetta non è stato tentato. Così come non è stata avviata una riflessione né sul voto politico né su quello amministrativo. In compenso i candidati a tutto sono tutti pronti.