“UE e Grecia vince Tsipras”. Così titola Repubblica, e ha ragione. Altri giornali, Corriere e Stampa, sostengono invece che i tagli (12 miliardi) accettati dai Greci somigliano molto alla proposta europea che il referendum aveva bocciato. Siggeriscono l’idea di una resa e non vedono quanto sia cambiato il rapporto di forze. È vero, il governo greco imporrà tasse più alte agli armatori, agli operatori turistici delle isole più ricche, porterà l’età della pensione a 67 anni entro il 2022 e dovrà privatizzare il Pireo e gli aeroporti. In cambio, però, otterrà 55 -forse 70- miliardi che gli permetteranno di pagare senza problemi le rate del debito fino al 2018. Già questo è un modo di ristrutturare, tanto bassi saranno gli interessi garantiti dalla BCE. Inoltre un tabù è caduto, FMI ha aperto alla ristrutturazione del debito. E Stiglitz può dire a Repubblica che alla fine la Grecia rimborserà il debito, nei limiti e nei tempi che saranno dettati dal tentativo di ritrovare la crescita.
OXI vince in Parlamento. Nella notte Tsipras si è visto approvare il suo piano di tagli da una maggioranza molto ampia: 251 deputati su 300. Hanno votato no gli alleati di governo della destra nazionalista, comunisti e destra estrema. 17 deputati di Syriza su 149 si nono astenuti, Varoufakis era assente -ha detto- per ragioni di famiglia. ToPotami, Neo Dimokratia e Pasok hanno votato sì. Insomma è successo il contrario di quello che la Troika avrebbe voluto: il governo di Tsipras oggi è praticamente senza opposizione in Grecia. Potrà modulare tagli e sacrifici, comunque dolorosi, in modo che danneggino il meno possibile le prospettive di ripresa. Al contrario i creditori non potranno tartassarlo con diktat e minacce come facevano prima del referendum. L’euro gruppo oggi dirà sì? La Merkel domani sbandiererà quei 12 miliardi di tagli greci per giustificare prestiti sei volte superiori? Speriamo che accada. Un GrecExit ,oggi travolgerebbe l’Europa
Ieri il Fatto, oggi tutti i giornali pubblicano intercettazioni -irrilevanti sul piano giudiziario- in cui Renzi e il suo fido Nardella, al telefono con un generale della Guarda di Finanza e in carriera, definiscono l’allora primo ministro Letta un incapace e ne preparano la cacciata. Le simpatiche chiacchierate risalgono all’11 gennaio del 2014, un mese dopo Renzi disse alle invasioni barbariche: “diamo un hashtag #enricostaisereno. Nessuno ti vuole prendere il posto, vai avanti, fai quello che devi fare, fallo”. Diceva una cosa e ne fabbricava un’altra. Le balle che disse ancora prima, alle primarie “non andrò al governo senza aver ricevuto un mandato popolare”, erano balle. Tutto qui.
Cambia la musica sui giornali e in televisione. Stamani a Omnibus Alessandro Campi, Mario Sechi, Michel Martone parlavano tutti di un Renzi in difficoltà, prigioniero del suo stesso storytelling, che ha perso la battuta in Europa schierandosi supino con la Merkel, che ha sbagliato a imporre la riforma della scuola, che ha sprecato la luna di miele dopo le europee usandola non per ridurre le spese e costruire una politica industriale, ma solo per imporre l’Italicum, nella speranza di ottenere più potere in futuro, quando si voterà. A difendere il premier, a spada tratta, solo Manuela Repetti, che con il marito Bondi ,è di recente entrata nelle fila della maggioranza. È un antipasto di quel che si prepara in Parlamento. Sulla riforma della Rai, compromesso con Forza Italia. Sulla riforma costituzionale, in settembre, tentativo di dividere la minoranza Pd e soccorso dei senatori verdiniani, se non addirittura nuovo Nazareno con Berlusconi.
Attentato al consolato italiano del Cairo Potrebbe essersi trattato di un avvertimento: la bomba è scoppiata all’alba quando non c’erano italiani. Tuttavia noi vogliamo intervenire in Libia, dove Al Sisi ha suoi interessi in contrasto con quelli della Turchia. Avvertimento?