Sono curioso di vedere cosa faranno quei tre. Dice Daniel Cohn-Bendit, intervistato dal Corriere della Sera. “Quei tre”, sono François Hollande, Angela Merkel e Matteo Renzi che si incontrano domani a largo dell’isola dove altri tre, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann, immaginarono tra il 1941 e il 44, un’Europa senza più guerre né ricatti totalitari. Proprio mentre in Francia, in Italia e in Germania si marciava al passo dell’oca, si sterminavano ebrei, zingari e comunisti, si pronunciavano bestemmie come vincere e vinceremo o si proiettavano film di propaganda come il “Il trionfo della volontà”, per celebrare il capo supremo, il Fürher. Purtroppo, i tre capi di stato e di governo che si vorrebbero epigoni degli autori del Manifesto di Ventotene, mi paiono leader di un nazionalismo declinante: Hollande non ha avuto il coraggio di dire ai francesi che il tempo della grandeur era finito, Merkel ha compiaciuto i tedeschi facendogli credere di portare sulle spalle chissà quale peso dell’Europa, Renzi ha illuso gli italiani che con uno schioccar di dita, meno diritti e qualche riforma pasticciata della Costituzione, i mali d’Italia (corruzione, incapacità di governo, interesse privato nella cosa pubblica) sarebbero scomparsi.
Tagli alle tasse, cambia la manovra, proposta Ue per la cultura. I titoli di Repubblica sono improntati all’ottimismo. Ma è come se chi li scrive non avesse letto gli articoli che quei titoli dovrebbero sintetizzare. Così si legge a pagina 2: “il taglio delle aliquote Irpef sarà rinviato almeno al 2018”. Forse sarà concesso qualcosina alle pensioni, ma solo a quelle “che non superino i 501 euro”. In cambio si faranno quadrare i conti sulla carta assumendo che la crescita possa essere dell’1%, anziché dello 0,7 come suggeriscono gli ultimi dati. E, naturalmente per fare queste cose, si dovrà chiedere a Berlino nuova “flessibilità”, cioè un deficit che resta al 2,3% del PIL anziché scendere, come previsto dagli accordi, all’1,8. “Ma Berlino frena” – ammette Repubblica, sempre a pagina 2 – “non si parla di concessioni all’Italia.” Così, frustrato, il giornale diretto da Mario Calabresi intervista Stieglitz, il quale ripete che l’Europa non sarà in grado di sostenere “l’integrazione monetaria” senza “una vera unione bancaria dotata di un’efficace assicurazione comune sui depositi, programmi di solidarietà in grado di aiutare concretamente i Paesi che restano indietro, una quota significativa di mutualizzazione del debito e di eurobond, una parte di bilancio comunitario con un ministro delle Finanze europeo e tasse comuni sulle transazioni finanziarie e sulle grandi proprietà oggi frammentate e troppo basse, un piano di investimenti pubblici molto maggiori di quelli attuali finanziato appunto con queste risorse, una banca centrale che non abbia come unico focus l’inflazione bensì sviluppo e occupazione”. Questo chiede Renzi?
Al Nusra detta legge tra le rovine di Aleppo. Lo scrive il manifesto. Purtroppo è così: “per la scellerata politica estera occidentale in Medio Oriente, Al Qaeda è allo stesso tempo un gruppo terroristico in Europa e parte di un “movimento di liberazione” in Siria”. Sempre il manifesto racconta i bombardamenti siriani contro una città liberata dai curdi del PKK. Gli americani hanno visto arrivare gli aerei russi e hanno subito chiamato Mosca. Non sono nostri, è stata la risposta. Erano aerei di Assad, il quale non si considera più nemico Erdogan. Anzi è disposto a fargli favori (sporchi) in cambio del suo aiuto per rimanere in sella. Infine, ancora il manifesto, mostra la foto di una folla immensa che manifesta a Sana’a contro la guerra nello Yemen dall’Arabia Saudita. Penso che prima di commuoversi – ed è giusto commuoversi- per i bambini che vivono e muoiono sotto le bombe di Aleppo, i nostri governi dovrebbero rispondere ad alcune semplici domande: si vuole un califfato sunnita, con burqa imposto alle donne e barbe da caprone agli uomini, in Siria? Lo si vuole nello Yemen? Si è disposti a tollerare che i petrodollari del Golfo finanzino predicatori oscurantisti nemici delle nostre civiltà? Se sì, allora la si smetta, per favore, di invocare la “guerra al terrore”. Si ammetta che la strage del Bataclan e la paura dei kamikaze sono niente altro che il danno collaterale di una alleanza strategica (vecchia di 70 anni) con cui l’occidente spera (sbagliando) di controllare il medio oriente e le sue risorse, impedendo che emergano alleanze economiche politiche e militari alternative. Come quella tra Russia, Iran e Turchia.