Via libera al referendum. Repubblica anticipa la decisione della Cassazione che arriverà lunedì. Da allora il governo avrà 60 giorni per deliberare la data del voto. E dopo un minimo di 50 e un massimo di 70 giorni da quella delibera, si voterà. Dunque? In teoria si può votare a ottobre o molto più in là, a dicembre. Dipende dal governo, che sembra orientato – dice Repubblica – a fissare la data tra il 13 e il 20 novembre. L’idea – di Padoan certo, non so se anche di Renzi – sarebbe di portarsi avanti con i lavori parlamentari sulla finanziaria – ora si chiama legge di stabilità – in modo che un voto popolare contro il governo non ne blocchi l’approvazione, mettendo a rischio i conti dello stato. Vedremo, per ora sono congetture.
Chiara la posizione della minoranza Pd: è per il se senza sì e senza ma. Questo testo (magnifico) è di Ellekappa la signora dei nostri vignettisti. Gotor sente “un buon profumo di Ulivo” nel documento per il No di Tocci. Chissà perché, allora, non ha votato No al testo della riforma Boschi (come me e Tocci) o perché non dice almeno ora che voterà No al referendum. “La nostra scelta sarà No – spiega a Repubblica Roberto Speranza – se Renzi non cambia la legge elettorale”. E ricorda di essersi dimesso da capogruppo del Pd alla Camera contro quella legge. Il povero Folli non comprende il nesso e avverte: “l’errore più grave sarebbe cambiare le regole della legge elettorale solo per consentire al ceto politico di proteggersi meglio”. Insomma, l’Italicum era la legge perfetta. Ricordate Renzi? “Mai più inciucio, uno solo vince”. Ma se quell’uno rischia di essere il 5 Stelle, allora, non va più bene.
La minoranza Pd non vuole rompere con il suo segretario. Questa è la verità. Perciò si accontenta – parlo di Bersani, di Speranza, Gotor, forse di Cuperlo – e pensa che alla fine, senza l’Italicum, la riforma costituzionale perderebbe la sua capacità di trasformare il nostro sistema parlamentare in un premieranno assoluto. Senza che “uno solo” vinca, che resterebbe del lavoro costituente di Boschi, Finocchiaro, Chiti? Solo il massacro di 47 articoli della Carta, cui si dovrà porre rimedio, in un futuro prossimo, con nuove semplici riforme costituzionali: abolire l’inutile Senato e rivedere le norme sull’elezione del presidente della Repubblica, conservando la sua autonomia e il suo ruolo di garante. È così: si può immaginare di correggere, poi, la deforma senza la necessità di umiliare, ora, il riformatore. È però un modo di ragionare contorto e politicista, che renderà questi parlamentari del Pd ancora subalterni al loro segretario. Il quale si prepara a usarli contro i 5 stelle (e come ambasciatori presso Berlusconi) per varare una legge “che consenta al ceto politico di proteggersi meglio”. Se non riusciranno, loro il fallimento. Se vincesse il sì, di Renzi il merito.
Preso il boss jihadista dei barconi, titolo della Stampa. Letteralmente ineccepibile, perché questo tunisino era un mercante sfruttatore di migranti e dai suoi profili in rete appare anche simpatizzante del Daesh. Ma il Gip per due volte ha negato l’arresto per terrorismo: mancano le prove. Lo hanno arrestato per commercio di uomini, e tanto basta. Italia in guerra? Altan relativizza: “voglio giocare anch’io in Libia”, dice un nostro generale; “tu fai l’inutile raccattapalle”, gli risponde l’omologo americano. E il Milan cinese? Giannelli disegna un mini Berlusconi che porta le statuette dei giocatori rossoneri a un signorone cinese sdraiato a prendere il sole. Il quale, naturalmente, pensa che sia un “Vù Comprà!”