Altro che voto locale: è cominciata la rottamazione. Del rottamatore! Si vede bene anche dalle “non sconfitte” di Milano e Bologna. Nella capitale del nord, Sala batte Parisi 51,7 contro 48,3%. È la vittoria di Pisapia, che ha preso l’ex Ad Expo sotto la sua ala e prima o poi presenterà il conto a Renzi. Ed è la sconfitta di Parisi, che negli ultimi giorni ha commesso due errori imperdonabili: non ha voluto dire i nomi dei suoi futuri assessori e non si è impegnato a votare “No” al referendum costituzionale. La vittoria a portata di mano gli ha fatto sfuggire la vittoria di mano. A Bologna, Merola ha scelto di disubbidire a Renzi: è andato al banchetto della Cgil e ha firmato il referendum contro il jobs act. Merola 54,6%, la leghista Bergonzoni 45,4. Ma il Pd (di Renzi) ha strappato dopo 23 anni Varese alla Lega? Se è per questo una lista civica che ha per tema il “Bene comune” ha travolto la destra a Latina.
Già rottamato a Roma. Da Virginia Raggi, la prima donna a entrare da sindaco in Campidoglio. Dal movimento 5 Stelle che ridicolizza le telefonate con chiamata al voto della Boschi, l’isterismo mostrato dal Pd negli ultimi giorni, quando si è attaccato a un servizio del Fatto Quotidiano per sostenere che la Raggi avesse “mentito”, che dovesse essere “indagata” e addirittura fosse da considerare “ineleggibile”. Alla fine dei conti, Virginia Raggi 67,2%, Bob Giachetti, 32,8. Doppiato. Se c’erano tre persone al seggio, una era con Renzi e due contro.
A Torino ora diranno che ha perso Fassino, con la sua faccia da sfigato, Fassino che era stato segretario dei DS, insomma una vecchia storia che si conclude. E invece no. Al primo turno il povero Piero aveva il 10% in più della Appendino. Poi i torinesi hanno sentito Renzi che celebrava il No-Tasi-Day, lo hanno visto strusciarsi con Marchionne e negare la ferita della città, governata bene magari, ma popolata da giovani senza lavoro, da precari e operai che, tra salario e periodi di cassa integrazione, non ricevono in busta paga quanto basti per sfamare decentemente i figli. Così i torinesi hanno tradito Piero e scelto Chiara, ragazza di Moncalieri, 32 anni, bocconiana che vede le ferite della città e promette di curarle. Senza escludere nessuno e dialogando con tutti. Appendino 54,6%, Fassino 45,4.
E di Napoli, non ne parliamo? È stato Renzi ad attaccare a testa bassa De Magistris. È stato il premier a promettere mari e monti per Bagnoli, come se una capitale come Napoli si potesse far comprare da un toscano di provincia. E dalla provincia toscana s’è portato dietro Verdini. E ha rottamato Bassolino coprendo qualche broglio a vantaggio della Valente. Alla fine: De Magistris 66,85%, Lettieri, il suo antagonista di centro destra, 33,15.
Gli Italiani vogliono cambiare pagina. Dove il PdR si trovava contro il vecchio centro destra non hanno tradito il Pd. Dove invece non c’era questo alibi, questa paura di un ritorno all’antico, gli elettori non hanno avuto paura a votare una donna, per una ragazza, per una attivista del Movimento 5 Stelle. Il Partito della Nazione promesso è stato battuto tre volte: perché il Pd non ha sfondato a destra e al centro, perché l’avversario che Renzi avrebbe voluto (il centro destra) ha fatto male quasi dappertutto, perché il M5S ha lucrato i vantaggi della sua (prudente) opposizione e si è candidato a vincere il ballottaggio dell’Italicum, dove potrebbe ottenere voti da tutte le parti. Semmai è il M5S un (Anti)Partito della Nazione.
E ora? Renzi non si dimetterà, nemmeno da segretario del Pd. Avrebbe bisogno – lo sa pure lui – di un colpo d’ala, di una mossa del cavallo che scompagini il centro della scacchiera. Ma a me sembra che abbia ormai le mani legate. Punterà sul referendum. Non potrà promettere subito nemmeno di cambiare l’Italicum, perché questo sarebbe darla vinta ai “vecchi” Cuperlo e Bersani. Proverà a offrire ponti d’oro a Pisapia, a recuperare Chiamparino ed Emiliano e Orlando e i renziani ormai critici. Ma come il fantasma di Banquo alla mensa dei Macbeth, la prospettiva di un prematuro declino si è invitato alla sua tavola. Le Monde, El Pais, Spiegel-on-line, già parlano in prima pagina del trionfo della Raggi. Se Podemos, dopo 26 giugno, riuscirà a formare in governo di sinistra col Psoe, se nella Francia delle Nuit Debout e delle manifestazioni sindacali contro il jobs act, la sinistra sbarrerà la strada alla ricandidatura di Hollande – “Primarie a gauche, la trappola per Hollande”, titola Le Monde -, se la Clinton sarà costretta a scegliere la Warren e a far propria tanta parte della linea Sanders, Renzi resterà solo. In attesa che la vittoria dei No al referendum stacchi la spina.