Uno stop per Renzi. Il mito dell’invincibile rottamatore è durato solo un anno, dal 25 maggio 2014 al 31 maggio del 2015. Secondo i dati, ancora non definitivi, la candidata di Renzi, Paita ha perso la Liguria, De Luca ha conquistato la Campania, la Moretti è stata asfaltata da Zaia in Veneto. Poteva andare peggio: a un certo punto l’Umbria ballava, la Campania sembrava incerta, Renzi, zitto, giocava con la play station, Guerini e Orfini accusavano la quinta colonna interna, Bindi e Cofferati. “Come fa a non vincere?” avevo scritto ieri, e alla fine il 5-2 è arrivato, ma che fatica! Ora il premier deve ringraziare il toscano Rossi, esponente del partito prima di lui, il pugliese Emiliano che vuol governare con i 5 stelle, e il candidato che avrebbe evitato, De Luca, su cui ancora pende un rinvio a giudizio per corruzione e una condanna per abuso d’ufficio, per la quale potrebbe essere sospeso da governatore, non appena insediato. I giornali titubano. Non hanno torto: dopo un terremoto, meglio aspettare che la terra si assesti. E tuttavia devono ammettere: “Uno Stop per Renzi” Repubblica, “Il PD rischia”, la Stampa, “Sorprese nelle regioni”, Corriere, “Il Pd perde la Liguria”.
Astensione, disaffezione. Un elettore su 2 non ha votato, gente di destra ma anche di sinistra. Una forza elettorale di riserva che in un’elezione più sentita, in cui fosse in palio il governo del paese e per 5 anni, potrebbe avere un assalto di umor nero e tornare al seggio per sanzionare il governo. il Movimento 5 Stelle è tornato in corsa, con Grillo quasi assente e candidati semi sconosciuti. Forse grazie proprio a quei candidati, si afferma come primo o secondo partito. La Lega stravince in Veneto, con Zaia che umilia la Moretti nonostante la scissione di Tosi, contribuisce con il suo 20% -terzo partito dopo M5S e PD- alla vittoria di Tosi in Liguria, arriva seconda in Toscana, anche qui superando il 20% dei voti espressi e prevalendo sui 5 Stelle.
Autogol Italicum. Se si votasse con la legge fortissimamente voluta da Renzi, sulla base dei dati di ieri, al ballottaggio sarebbe Di Maio lo sfidante Renzi. Se la situazione cambiasse ancora, se i 5 Stelle ripetessero gli errori d’un tempo e rinascesse una coalizione di destra, lo sfidante potrebbe essere Salvini, perché Berlusconi non è più spendibile ma la sua resistenza gela ogni possibile diversa candidatura di destra-centro. Quante volte l’avrò scritto: l’Italicum favorisce un bipolarismo sistema – anti sistema. Come non avviene con nessun altra legge elettorale, in nessun paese di democrazia liberale. E Renzi arriverebbe al ballottaggio stanco, non più innovatore – rottamatore, ma rappresentante della continuità dil governo, successore di Monti e Letta, artefice di una ripresa che non rimette soldi e sogni in tasca al ceto medio né dà lavoro ai giovani. Che rischio! Inoltre la soglia del 3% porterà pezzi diversi del ceto politico della sinistra a presentarsi in solo, erodendo consensi al partito della nazione. Chi me l’ha fatto fare, si sarà chiesto Matteo mentre giocava con la play station.
Cherchez la femme. Forse non la sapete ma questa frase si usa oltralpe per indicare il vezzo del maschio di accusare sempre una donna per i propri guai. Mi è parso osceno il tentativo di linciaggio della Bindi. Osceno e stalinista. Se Renzi ha perso il senno, se come Re Lear ripudierà Cornelia, cioè la minoranza interna, e imporrà una pessima riforma della scuola, e proseguirà con riforme sgangherate e aziendalistiche, riuscirà a rendere la parola sinistra non più spendibile nel Bel Paese. Se invece dovesse ricredersi e ritornare sugli errori commessi, allora si giocherebbe il sostegno degli amici finanzieri e industriali, apparirebbe debole ai tanti clientes che lo circondano, getterebbe nello sconforto retroscenisti e sicofanti plaudenti. Ha vinto ancora, ma a quale prezzo!