Hillary accusa Mosca: mi spia. Così il Corriere della Sera. Sarà vero, non lo sarà? Non è qui il punto. La verità è che la campagna dei democratici ha due colori. Da una parte il partito si è spostato “a sinistra”, ora chiede il salario minimo a 15 dollari l’ora, il college alla portata di ogni ragazzo americano, la copertura sanitaria per tutti. Dall’altra la Convention traboccava di valori “patriottici”, dei colori della bandiera, di slogan sull’America che riecheggiano quelli da sempre al centro delle convention repubblicane. Ed ecco la logica di tale dualismo: Trump è inaffidabile, è anti americano, votate Hillary, con il programma di Sanders e la retorica dei Bush. Il richiamo alla guerra fredda – che oggi non si gioca più sulle note della paura di extra terresti comunisti che clonano gli americani (“L’invasione degli ultracorpi”, film di Don Siegel del 1956) ma, naturalmente, su quella di hacker di Putin che violano segreti a stelle e strisce – serve a questo, a etichettare Trump come anti americano e a vendere il prodotto Clinton: dietro la sua freddezza, i nostri valori, da difendere a ogni costo.
L’abbraccio contro il terrore. Titolo della Stampa con sotto la foto di “un imam in una chiesa di Roma”. In 23mila in Italia si sono presentati alla messa domenicale, davanti a immagini che raffigurano santi e persino dio (e che sono rigorosamente vietate dall’islam) per rimuovere un’altra immagine, quella dei “sedicenti” musulmani, Adel e Abdel, che in chiesa hanno sgozzato padre Jacques. Pochi, tanti? L’importante è che si stia aprendo un confronto: può l’Islam integralista – che prevale nel mondo musulmano grazie anche ai finanziamenti dell’Arabia Saudita – accettare che in suo nome si attacchino le chiese e si uccidano un prete che dice messa? La risposta prevalente è no. Anche per quell’Islam, fondamentalista e estremista, merita la morte “solo” l’apostata, l’islamico (o assimilato) che tradisce la sua fede. Non i fedeli di religioni monoteiste, che in quanto tali vanno ignorati e tollerati. Ma si tratta solo dell’avvio di una riflessione. In futuro chi crede in Allah dovrà alzare la sua voce contro il massacro degli Yazidi (assimilati ai musulmani, ma colpevoli di rappresentare il pavone, simbolo pagano), i curdi, gli sciiti. Dovrà condannare la pratica di mettere a morte gli omosessuali e di lapidare le donne “infedeli”. E dovrà farlo, non per provare qualcosa a noi cristiani o a noi occidentali, ma per sé, per la pace e il riscatto dell’islam. Noi possiamo aiutarli affermando i valori della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre i948 e non votata dall’Arabia Saudita. Distinguendo quei valori dal lascito di sangue dell’imperialismo.
L’Islam non è terrorista. Repubblica apre con le parole del papa. Di ritorno da Cracovia, Bergoglio ha detto alcune cose interessanti. “In quasi tutte le religioni c’è il fondamentalismo e può arrivare a uccidere con le parole o con il coltello”. Vero: basterebbe ricordarsi dei cristiani fondamentalisti che in America, in questi anni – non nei secoli bui della conquista coloniale o dell’inquisizione – hanno ucciso nel nome del dio in croce medici o infermiere che praticavano l’interruzione di gravidanza. Bergoglio però va oltre: “A me non piace – dice – parlare di violenza islamica. Tutti i giorni sfoglio i giornali e vedo violenze. In Italia, uno uccide la fidanzata, l’altro la suocera… e questi sono cattolici battezzati, sono cattolici violenti. Se parlo di violenza islamica devo parlare anche di violenza cattolica”. Qui si potrebbe obiettare al pontefice che quei violenti cattolici non ammazzano nel nome di Cristo. Potrebbe rispondere – e non saprei dargli torto – che per gli islamici stragisti potremmo al massimo parlare di terrorismo nel nome di Allah ma non di terrorismo islamico. Poi però il papa aggiunge: “Il terrorismo cresce quando non c’è un’altra opzione. Ora dico qualcosa che può essere pericoloso… Ma quando si mette al centro dell’economia mondiale il dio denaro e non l’uomo e la donna, questo è già un primo terrorismo. Hai cacciato via la meraviglia del creato e hai messo al centro il denaro. Questo è un primo terrorismo”. Il messaggio è inequivocabile: bisogna riscattare la mondializzazione dalle guerre imperialiste e dal messaggio consumista. Altrimenti non ci salveremo dalla barbarie. Lo dice da prete, qual’è.
Renzi, il signor quindiciballe. Oggi il Fatto Quotidiano fa l’esegesi delle bugie disseminate dal premier nell’intervista a Repubblica. Ne ho scritto e non ci torno. Segnalo un’intervista a Gianni Cuperlo, il quale parla del Pd come di “un partito quasi estinto, un comitato elettorale permanente al servizio di potentati locali”. Per colpa di Renzi: “Non puoi dire che la crisi è alle spalle o che il Jobs Act è la cosa più di sinistra fatta negli ultimi anni. La Cgil ha raccolto 3 milioni di firme su tre referendum: è la prima volta nella sua storia. Quando spieghi che per i lavoratori Marchionne ha fatto più di tutti i sindacati, ti metti in urto con la parte del Paese che dovresti rappresentare”. Infine, con una certa crudeltà, Cuperlo ritorce contro il premier il suo maldestro tentativo di scaricare le colpe per la bassa crescita, le sofferenze bancarie e la subalternità all’Europa, sul duo Monti-Letta: la politica economica di Renzi, dice, “è stata troppo in continuità con quelle di Monti e Letta. Certe idee potevano valere 10 o 15 anni fa. Non si può pensare di rieditare” le opere di Blair o Bill Clinton. Persino Hillary ha proposto politiche espansive, il salario orario minimo a 15 dollari, un piano di infrastrutture per creare lavoro che non ha eguali dai tempi di Eisenhower”. Cuperlo conclude “Non mi addormento la sera pensando a Renzi, ma a come ricostruire una nuova sinistra, dentro e fuori il Pd”. Per cominciare, votiamo No al referendum?