Binario unico. L’Italia si sente così. La strada è segnata dalle rotaie, non si può che andare avanti, senza alternative, senza vie di scampo. La tragedia ferroviaria tra Andria e Corato è la metafora della condizione comune. Meglio, della sorte che investe gli studenti, le mamme che vanno in città a comprare, il personale ferroviario, le famiglie di ritorno da vacanze low cost, o una ragazza che corre dal fidanzato, tutti pendolari. Un’altra Italia, quella che dovrebbe provvedere, che si è data il compito di decidere, corre a velocità così alta da non saper mai dire di chi sia la colpa. Non sa perché lavori programmati nel 2007 non siano neppure cominciati, e come mai gli investimenti stanziati dall’Unione Europea non si riescano a spendere. L’Italia sul binario unico muore, l’altra non capisce come sia potuto accadere. Ecco i titoli: “Morire sul binario unico”, Corriere della Sera, “La strage sul binario unico”, La Repubblica, “Apocalisse sul binario unico”, La Stampa, e infine “Binario morto”, Il Giornale.
Questa tratta è sul binario unico, dice un ferroviere a Giuliano Fascini, di Repubblica. Tra la stazione di Andria e quella di Corato ci sono 17 chilometri e dieci minuti esatti di viaggio. «Nel momento in cui un treno parte da qui io do comunicazione al collega di Andria che tiene il treno fermo in stazione e gli dà il via libera per partire soltanto quando la vettura è arrivata». «Comunichiamo tra noi via fonogrammi. Quando avviene lo scambio, quando cioè i treni si incrociano, noi facciamo scattare il verde e con la paletta diamo il segnale al treno di partire». Il sistema si chiama “blocco telefonico”. Le comunicazioni passano via telefono e il segnale arriva dalla paletta. Dunque, è probabile che la tragedia – per ora i morti sono 27 – sia stata causata da “errore umano”. Errore umano, in un tempo nel quale un congegno elettronico che blocchi i treni quando fossero in rotta di collisione costerebbe due soldi, su una tratta ferroviaria che si era deciso di raddoppiare nel 2007, in una Europa che nel 2008 aveva investito 180 milioni per raddoppiarla ma i lavori non sono neppure iniziati, in una parte del Paese, il sud, al quale Sblocca Italia e Legge di Stabilità hanno destinato soltanto 1,2% dei 4.850 milioni previsti (la denuncia, sul Mattino di Napoli).
Perché? Perché le misure di sicurezza (il controllo automatico) obbligatorio sulle linee gestite direttamente dalle Ferrovie dello Stato non sono obbligatorie per le linee private come quella Andria Corato? Perché i soldi dell’Europa non sono stati spesi? È colpa della Regione Puglia, della burocrazia, delle società che lucrano gli appalti e che ormai – il caso della metropolitana C di Roma insegna – hanno più potere del potere pubblico che concede l’appalto? Comunque la pensiate, quei 27 corpi smembrati, straziati, irriconoscibili erano fino a ieri persone, erano cittadini italiani. Probabilmente pagavano le tasse e pensavano di fruire, su quei treni, di un pubblico servizio. Purtroppo sbagliavano: il criterio che tutto muove ormai è quello del plusvalore, del profitto o, come si dice con un eufemismo, della redditività. Ferrovie dello Stato curano con attenzione l’alta velocità, che rende bene per l’azienda, si paga tutta, ma funziona anche per l’utente. A Matera, capoluogo e città della cultura 2019, invece, non si arriva in treno. Costruire quella tratta – ho sentito dire in televisione a una deputata del partito di maggioranza – non sarebbe economicamente redditizio. L’idea del servizio pubblico è evaporata. Errore umano? Possibile. Ma direi anche omissione di pubblico servizio.