Chi sono io per dire a chi l’ha subito per secoli cosa sia stato, cosa sia l’antisemitismo? Per dirlo a Liliana Segre, Edith Bruck, al rabbino Di Segni? Gesù fu giudeo e i suoi seguaci ci misero due secoli a distinguersi dall’ebraismo. Ci vollero ancora cento e più anni perché la Chiesa del Cristo, divenuta con Costantino fede legittima e poi religione di Stato, condannasse gli ebrei attribuendo loro, e non a Ponzio Pilato, il martirio sulla croce del Figlio di Dio. Da allora gli ebrei furono offerti come capro espiatorio a ogni sommossa popolare, nonostante -anzi proprio per il fatto- che re cristiani li usassero come commercianti, banchieri, talvolta consiglieri. Con lo sviluppo del capitalismo l’ebreo, senza terra né patria, è colui che presta denaro, dunque lo strozzino, il vampiro, che succhia il sangue ai bambini.
La teoria della liberazione coinvolse figli non osservanti dell’ebraismo, come Marx, Luxemburg, Trotzki. E nacque il Bund, Unione Generale dei lavoratori ebrei di Lituania, Ucraina, Russia. Negli stessi anni in cui una Francia militarista e rancorosa ebigotta perseguitava l’ebreo Dreyfus. Ma nacque, alle fine dell’Ottocento, anche il sionismo, risposta nazionalista al nazionalismo che dilagava e alla conseguente persecuzione degli ebrei senza patria. Sionismo che Ernest Block criticò, già nel 1910, sostenendo di preferire “la scelta” del popolo “eletto” alla “mera nazionalità”. Hitler fece il passo ulteriore. Incolpò la “razza” maledetta dei mali del mondo, dell’internazionalismo proletario come degli abusi della finanza (britannica), della crisi dei valori e della famiglia, delle umiliazioni subite dagli ariani tedeschi.
Se le cose stessero così – e mi scuso ancora per la presunzione che mi induce a scriverne- quello che oggi vediamo nelle università degli Stati Uniti, nelle manifestazioni in Francia e, in minimis, in chi ha brandito da noi bandiere di Hezbollah e un cartello grottesco su Liliana Segre, tutto ciò è antisemitismo solo se si riduce la cultura ebraica al sionismo, se si fonda il diritto di Israele sul presunto dono divino di Giudea e Samaria. E si considerano i palestinesi un vuoto, non popolo né nazione, solo “nemici” di Israele e quindi anti semiti, come i musulmani sciiti. Ma non più i sunniti, nonostante le 4 guerre contro Israele. A questo si è ridotta la sua sapienza, rabbino Di Segni? Ad accogliere come difensori degli ebrei i nipoti di chi li ha sterminati ad Auschwitz? A rimuovere il supplizio inflitto agli i abitanti di Gaza, la deportazione di quelli di Cisgiordania, l’invasione del Libano, e il tentativo di provocare una guerra in tutto il Medio Oriente? E sarebbero antisemiti il segretario dell’ONU, l’assemblea generale delle nazioni Unite, le corti dell’Aia, Sud Africa e Brasile che accusano Tel Aviv di genocidio, Moni Ovadia, Gad Lerner, gli ebrei americani che manifestano per la Palestina?
Datemi rettai, cari lettori, tornate a leggere i giornali. Non i titoli che seguono lo spirito dei tempi, ma all’interno testimonianze e analisi. Oggi un ebreo americano, che ha vinto tre Pulitzer ed è un uomo di centro, Tom Friedman, dice al Corriere che gli ebrei “si sveglieranno (contro Netanyahu) e capiranno. (Perché) Israele non può essere in una guerra eterna… Una guerra giusta deve essere combattuta in modo giusto e questo significa avere una visione che vada al di là di eliminare l’avversario.”. E, non c’entra ma c’entra, sempre sul Corriere Lorenzo Cremonesi, che due anni fa perorava la guerra diretta della NATO alla Russia, oggi intervista lo storico ucraino Yaroslav Hrytsak, il quale dice che Zelensky perde consensi “ci tratta come fossimo bambini che non sono in grado di ragionare e a cui non si deve dire seriamente la verità.” E aggiunge “Al cuore del problema resta il desiderio di concentrare il potere nelle proprie mani: sceglie i collaboratori sulla base della lealtà, non della professionalità, un atteggiamento suicida”. E a pagina 2 e 3 della Stampa, Francesca Mannocchi racconta “Le ferite di Israele”, di un popolo stanco di guerra e massacri, che si sente tradito da Netanyahu che a un anno dal 7 ottobre non ha liberato decine e decine di ostaggi. Ma un popolo che vive accerchiato. E ora sostiene la guerra in Libano. Altri massacri, ancora odio! Nuovi pericoli per Israele.