Questa volta è troppo. La contraddizione nol consente. Serve lo psichiatra. Matteo Renzi va a Porta a Porta e dice che la riforma della scuola slitta di un anno e che a luglio sentirà il mondo della scuola. Perchè lo fa? Non c’è chi non lo intenda. La rottura con il mondo della scuola ha pesato sull’insuccesso elettorale. In Senato il governo può contare su una maggioranza molto risicata e non stabile. Dunque o accetta di ascoltare la minoranza interna – in gergo “usa il metodo Mattarella”- o rischia di andare sotto, perchè la legione straniera dei trasformisti, Verdini &C, accorre con meno entusiasmo essendosi infranto il mito dell’invincibilità.
Bene. Un leader che fa i conti con la realtà è un buon leader. Ma ecco l’imbroglio, ecco l’ammiccamento furbesco, la viltà dell’italico piccolo borghese che quando sbaglia è sempre colpa di qualcun altro. Il governo aveva promesso 100mila assunzioni. Ora non le fa e accusa l’opposizione rea di aver presentato 3mila emendamenti.
Intanto giova sapere che le assunzioni regalmente offerte dal governo non sono in realtà 100mila. 57mila erano previste dal piano triennale per reintegrare l’organico di diritto. E le restanti, destinare a potenziare l’organico dell’autonomia, sembrano piuttosto un cavallo di troia immaginato per affidare più poteri al dirigente scolastico, per affermare il principio della chiamata diretta, imporre il contratto triennale agli insegnanti, proporre metodi di valutazione demagogici e raffazzonati.
Ma il ridicolo di questo annuncio sta nel fatto che è stato il governo, autonomamente, a promettere quelle assunzioni. E le opposizioni, tutte, sono disposte a votare in commissione Cultura l’ordine del giorno Tocci- Mineo che prevede una procedura d’urgenza per stabilizzare i precari. E curiosamente è il governo che ora non vuole assumere: niente legge così com’è, niente assunzioni. Ricatto o frustrazione di un sovrano deluso dai sudditi che hanno mostrato di non apprezzare, al posto del pane, le sue brioches?
Ma la realtà è persino peggiore. Renzi non ha finito di fare il suo annuncio a Porta a Porta, che la relatrice, neo renziana, Puglisi e il presidente della Commissione Cultura, antico renziano, Marcucci, intervengono per sconfessare, sia pure con tanto amore, il loro premier. La legge si approvi subito, dicono via twitter. Gli oppositori interni -per primi Tocci e Mineo- rinuncino agli emendamenti. E perché mai dovrebbero, cara Puglisi, caro Marcucci? Non è stato proprio Renzi a dire “sulla scuola ho fatto un capolavoro, mi sono messi tutti contro”? Perchè proseguire nell’errore. Conoscono Marcucci e Puglisi l’aforisma latino: errare humanum est, perseverare diabolicum? Chi ha presentato emendamenti per raddrizzare il bastone storto della legge, in realtà ha voluto offrire al premier un’onorevole exit strategy!
A questo punto credo che il Renzi 1, non tornerà più, nonostante Matteo ne abbia promesso a Gramellini la ricomparsa. Il Renzi 2 mi sembra saldamente tenuto per le palle da troppi seguaci, clienti e amici interessati. Dai De Luca che gli hanno portato in dono la Campania e ora gli chiedono di cambiare la legge Severino, dai renziani convertiti che si sono spesi per le sue riforme e non sopportano che il premier li sconfessi. Dai retroscenisti che vivono del suo mito e pretendono che il mitico non li sconfessi e non li deluda. Temo che una congiura di Palazzo sia sempre pronta a intromettersi e ostacolare un rapporto diretto tra leader e mondo, impedendo ogni confronto democratico.
Così però il giacobino rischia di restare prigioniero della sua forzatura. Il rottamatore, ostaggio del Palazzo. capisco l’ottimo sindaco di Milano, Pisapia, che sogna invece un Renzi 3. In leader che magari sappia chiede conto a chi gli ha scritto una riforma sgangherata della scuola, o una del Senato che si dovrà cambiare per evitare ricorsi alla consulta e paralisi istituzionale. O che lasci a terra l’allegra combriccola di @nomfup – Sensi, pronta a saltabeccare da talk show in talk show per bastonare i dissidenti, ma lestissima a pretendere l’esclusiva del retroscena e una rete di protezione tanto ampia da scoraggiare i direttori che volessero rimetterli nel posto che meritano.