Va dove lo porta il cuore. L’elettore non si sente vincolato da categorie usurate, da appartenenze, da antiche abitudini. Felice Casson ha perso Venezia, era il mio candidato. Una persona per bene, capace di resistere ai comitati d’affari, un uomo che ama la sua città e gli avrebbe dato molto. C’era l’acqua alta,ieri a Venezia, ma non per questo più di un elettore su 2 ha disertato i seggi. E, tra i pochi votanti, più di uno su due ha votato Brugnaro, imprenditore, patron della squadra di basket, a sentir lui “laburista” di destra, uno cui piace Renzi ma anche Zaia. Orsoni, ex sindaco Pd costretto a dimettersi perchè toccato nello scandalo Mose, non sta nei suoi panni per la gioia, definisce Brugnaro “epocale” e aggiunge: “Magari la gente ha capito ce non c’era alcuna legalità da ripristinare”.
Una sconfitta? Per me che avevo creduto nella possibilità di vincere nonostante Renzi, nonostante il partito della nazione, nel nome di un candidato che prometteva -per dirla con Bergoglio- “una rinascita morale” della città, sì, Venezia è una sconfitta. “Pd, nuova frenata. Renzi: una sconfitta”, scrive anche Repubblica. All’unisono Massimo Franco(Corriere) e Stefano Folli (Repubblica) assolvono Casson. “Venezia ha smesso di fidarsi del partito democratico dopo anni di disillusioni”. “Il Pd sperava che bastasse candidare l’ex magistrato e senatore Felice Casson per recuperare credibilità. Non è stato così”. Ma, sul Corriere, il ventriloquo del premier, la solita Meli, minimizza: “Non c’era dittatura renziana nè è vero che siamo in crisi”. Poi ipotizza un colpo di scena al Senato: “Renzi e i suoi meditano di far invertire l’ordine dei lavori, facendo arrivare in aula, la settimana prossima non la scuola bensì un’altra riforma, quella della Rai, data per morta da molti del Pd”.
Tutto cambia? Se Renzi si fosse accorto dell’errore commesso, lasci che sulla scuola si approvi il mandato al relatore -proposto da Tocci- per portare subito al voto in Senato la stabilizzazione del maggior numero di precari. Perchè non si gioca con la vita della gente. La parola data dal governo ad almeno 100mila insegnanti va mantenuta. Ci sarà poi tempo per studiare un modo di valutare i docenti meno offensivo e sbagliato di quello proposto dai relatori, per definire meglio i poteri del dirigente scolastico, per rilanciare la scuola pubblica facendo dell’autonomia strumento di perequazione non grimaldello per separare i destini degli istituti fortunati da quelli di periferia, per dar certezze a chi attende un trasferimento o si chiede a cosa mai gli saranno serviti anni di insegnamento o i percorsi abilitanti.
Nulla cambi. Questo è il rischio, non per me, per Casson o per Tocci, ma per l’Italia. Il rischio che Renzi, chiuso nel suo errore e assediato da clienti fanatici e interessati, continui a pretendere deleghe in bianco -su scuola e Rai- che modifichi solo la facciata della Riforma Costituzionale; e conti invece i giorni per andare al voto con l’Italicum. Sperando che Di Maio non abbia la forza per vincere al secondo turno. Che Salvini non riesca a riunire tanti voti di destra per superare lo scoglio del primo. Un suicidio più che un azzardo, Così darebbe fiato, nel Pd, ai cacicchi locali, con buona pace dei sogni, generosi, di Fabrizio Barca. Così convincerebbe ancora altri italiani che il suo governo, dopo quelli imposti da Napolitano, sia voluto da poteri forti ed eterodiretto da un’Europa ormai senza bussola.
Tra Grecia e piano B. Atene slitta fuori dall’euro e per noi, furbi rimasti in silenzio, saranno guai. Sull’immigrazione il governo in affanno si accinge a inseguire la destra. “Benvenuto a terra” gli dice dalle pagine del Giornale la “quinta colonna” Del Debbio. Acqua alta!