“La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità assolute. La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile. Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicitazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci. L’attuale Pontefice -Francesco- ha usato parole severe contro i corrotti: Uomini di buone maniere e cattive abitudini!”
Nel suo discorso al Parlamento, il Presidente Mattarella ha espresso così il sentire degli Italiani e ha indicato con forza a tutti noi quale dovrebbe essere le priorità assoluta della legislatura. Ma noi abbiamo tenuto nel cassetto per 734 giorni la legge depositata da Pietro Grasso il primo giorno della legislatura. Legge che solo oggi arriva in aula. Ma noi diamo uno spettacolo che contraddice le buone intenzioni con cui lastrichiamo molti discorsi. Pochi giorni fa un ministro si è dimesso per un affare di corruzione. Lo ha fatto per aver raccomandato il figlio a un discusso burocrate o per il regalo costoso che il figlio ha accettato? Non per questo Lupi avrebbe dovuto dimettersi, ma semplicemente per aver difeso in modo incauto Ercole Incalza dalle giuste critiche dell’opposizione e dei 5Stelle. E per essere stato sleale, verso il governo quando, in una telefonata, ha detto a Incalza di esser pronto ad aprire la crisi per difendere la struttura che questi dirigeva.
Che altro serve per chiedere e ottenere le dimissioni di un ministro? La politica – se vuole ancora avere un senso- deve intervenire prima della magistratura e non subirne l’iniziativa. “Non faccio decidere la politica di governo a un magistrato che emette un avviso di garanzia” ha detto Matteo Renzi. Va bene, ma tu, noi, cosa si è fatto prima? Silenzio. Così la difesa dei sotto segretari indagato si trincera dietro l’attesa del giudizio definitivo della magistratura, attende che la condanna passi in giudicato. No, così si crea altro discredito, si allontanano i cittadini dalle istituzioni. Non condivido quelle dichiarazioni.
Governo, partiti, politica debbano intervenire prima e in modo indipendente dalla magistratura. Intanto non candidando persone per le quali possa sussistere il sospetto di un conflitto d’interessi. Poi pretendendo le dimissioni di chi sia sospettato (anche solo sospettato) di aver commesso reati per i quali à forte l’allarme sociale (com’è nel caso della corruzione o della distrazione di fondi pubblici). La politica come servizio e non come carriera. Se un politico innocente fosse costretto a fare un passo indietro, certo, la sua carriera subirebbe un arresto ma avrebbe reso un servizio prezioso alla politica, contribuendo a ricostruire il necessario rapporto sentimentale coi cittadini.
Una serie televisiva prova a raccontare “Mani Pulite”. Sono passati molti anni e la situazione è persino peggiorata. Dice con amarezza l’ex guardasigilli Giovanni Maria Flick: “20 anni fa si rubava per finanziare la politica, ora si fa politica per rubare”. Luigi Ciotti, un paio d’ore fa, ha portato in Commissione Antimafia lo spirito della bella manifestazione del 21 marzo a Bologna: “la corruzione è la matrice del sistema mafioso, il suo avamposto, la base della mafiosità”. I procuratori di Roma hanno ipotizzato, di recente, che Mafia Capitale sia un fenomeno mafioso originale e originario. Non derivato, cioè, dalle note matrici, Cosa Nostra, Camorra, Ndrangheta.
Quale sia il contesto di questa genesi, o metastasi, mafiosa che dilaga dovunque in Italia non è difficile da capire.
a) Con la crisi economica la spesa pubblica si contrae, mentre cresce la platea di chi vuole attingervi. Ecco che servono nuovi metodi -ragioni di emergenza, spinta a realizzare grandi opere, rapporto diretto con il politico- per interccettare più spesa pubblica, eludere i controlli, far lievitare i costi.
b)Provvidenziale, per il sistema corruttivo e per le mafie, risulta l’eccesso di regole e di vincoli messi in campo negli ultimi 20 anni, le grida manzoniane contro mafia, le aste al massimo ribasso, i vincoli del fiscal compact per le amministrazioni. Tutto ciò finisce con il favorire, postula -addirittura- l’intermediazione mafiosa. Cioè due persone che si guardano negli occhi e si garantiscono reciprocamente che l’affare andrà a buon fine, che i costi lieviteranno,e ci sarà la commissione per il mediatore e i regali per gli amici.
c) Infine la professionalizzazione della politica, il suo radicamento nel territorio, la sua vicinanza con i centri di spesa soprattutto regionali, ha creato un’osmosi diffusa tra politica e comitati d’affari, fra corrotti e corruttori.
Che fare? Intanto non far finta di non vedere come gli uomini di buone maniere e cattive abitudini, come li ha chiamati il Papa, in Italia non vadano mai in carcere. Anzi non vengano neppure condannati e, quasi sempre, grazie a quella tagliola salva corrotti che è la prescrizione. Per un uguale reato (avere truccato un’asta o imposto un appalto) l’imputato che fa parte di un’organizzazione mafiosa finisce in carcere e buttiamo via la chiave; l’altro imputato, a cui magari Matteo Messina Denaro o il capo ndrangheta di Reggio hanno ordinato di stare in disparte per poter meglio gestire gli affari dell’organizzazione, quell’imputato, non andrà in carcere e sarà prescritto. Egli continuerà, così, a delinquere per conto della mafia. Lo hanno spiegato bene all’Antimafia i procuratori di Trapani e Reggio Calabria.
Basterebbe bloccare la prescrizione dopo una condanna in primo grado. Una soluzione garantista, un modo per dire agli avvocati che da quel momento l’imputato dovrà essere difeso nel processo e non dal processo. Ma la Camera ha detto no, in nome dell’auspicio – anche questa niente affatto nuovo- che si riducano i tempi del processo. Si è così deciso – alla Camera- di sospendere solo per 2 anni la prescrizione prima dell’appello e di un anno prima del giudizio in Cassazione. Ma già sento che il Nuovo Centro Destra vuole cambiare la legge in Senato. E lei, ministro Orlando, si è detto favorevole. Devo concludere che bicameralismo che il governo vuole espungere dalla Costituzione, lo stesso governo lo fa rientrare dalla finestra per non dispiacere al Nuovo Centro Destra!
La legge oggi in discussione ha il merito di reintrodurre il falso il bilancio, reato sentinella, apre al principio del risarcimento del danno da parte del corrotto e del corruttore. Per il resto punta sull’aumento delle pene. Voterò la legge, perchè l’allarme sociale per la corruzione è così forte che un aumento delle pene può avere senso. Ma non è questa la soluzione maestra. Penoso il dibattito in quest’aula tra il senatore tra Barani che straparla (per provocare) di fucilazione del corrotto e la Taverna che sembra quasi d’accordo. E francamente anche la proposta Lumia, perchè si aumentino ancora le pene per i mafiosi, mi pare un modo facile di far demagogia e di parlar d’altro. Facile prendersela con il braccio armato delle mafie. Comodo ignorare quel che diciamo da 40 anni, e cioè che i killer di mafia sono solo la punta dell’iceberg. Perchè il cuore della mafia è nella borghesia parassitaria e intermediaria, che offre i suoi servigi per far funzionare il sistema.
Voterò la legge, ma so che non basta. Se non cambia la politica tutta e l’azione del governo. Condivido il monito di Luigi Ciotti. “Non mi piace la parola antimafia, perchè è diventata una carta di identità da tirare fuori a secondo della circostanza”. “Non serve educare alla legalità, se non si aggiunge che non può essserci legalità senza uguaglianza”.