UE, ultimatum all’Italia. Manovra da 3,4 miliardi. Repubblica sostiene che la scorsa settimana sarebbe già arrivata una lettera da Bruxelles che ci chiede di correggere la manovra finanziaria. Moscovici avrebbe avvertito il governo: “Così rischiate la procedura di infrazione”. E Padoan sarebbe già al lavoro per pagare quello che la stessa Repubblica definisce “il conto di Renzi”. In questo contesto di sfiducia profonda tra i paesi dell’euro, va letto lo scambio di schiaffi tra Roma e Berlino. Il Ministro dei trasporti tedesco ci accusa: sapevate da tempo che Fiat Chrysler nascondeva le emissioni nocive dei suoi motori, ora l’UE obblighi FCA a richiamare le auto inquinanti. Calenda gli ha risposto di “pensare alla Volkswagen”, Del Rio ha definito “inaccettabili” le richieste tedesche. Al Corriere un consulente della Merkel, Roland Berger auspica che “la Germania ora esca dall’euro”. Perché è “più competitiva e in caso di un crollo della moneta unica pagherebbe la gran parte del debito. La politica monetaria della banca centrale europea – aggiunge – è corretta per il 75% dell’area euro ma decisamente sbagliata per la Germania”. In Italia Stefano Fassina chiede al congresso di Sinistra Italiana di votare l’uscita dell’Italia dall’euro “come condizione per rivitalizzare funzioni fondamentali dello Stato nazionale al fine di proteggere il lavoro da ulteriore svalutazione e rianimare la democrazia costituzionale”. Un’uscita che vorrebbe “assistita dalla BCE” e in alleanza “con forze politiche sociali e intellettuali di altri paesi UE”.
Crescita e sviluppo, Italia bocciata. È il titolo della Stampa. Alla vigilia del vertice di Davos, il World Economic Forum ha pubblicato la sua classifica per il 2017 che vede l’Italia al ventinovesimo posto per carenze delle infrastrutture, limiti della sua imprenditorialità e inefficienza della intermediazione finanziaria. Al ventottesimo per la corruzione. Michael Spence, Nobel per l’economia del 2001, ci descrive in mutande: “debito pubblico, assenza di inflazione, necessità di ricapitalizzare le banche e ristrutturare il debito delle aziende”. Spence si augura che il governo Gentiloni duri “il più a lungo possibile” e provveda a risanare le banche, che il parlamento italiano vari “una legge elettorale che consenta al governo di avere una maggioranza ampia, forte e credibile”, che l’Italia si doti di “una struttura imprenditoriale dinamica e flessibile, orientata all’innovazione di prodotto e di processo, recettiva delle novità sul fronte tecnologico e con un’etica del business contrapposta alla corruzione e ad altre pratiche illecite. E così lo Stato”.
8 miliardari guadagnano come la metà più povera del pianeta, Corriere. “Disuguaglianze in aumento”, fa eco Repubblica che ospita una analisi di Stiglitz: “l’Africa ogni anno perde 14 miliardi del suo reddito in paradisi offshore. Basterebbero a salvare 4 milioni di bambini e dare loro un’istruzione. Se la maggioranza dei cittadini sente di non beneficiare a sufficienza dei proventi della crescita o di essere penalizzata dalla globalizzazione finirà col ribellarsi al sistema economico nel quale vive. In realtà dopo Brexit e i risultati delle elezioni americane, ci si deve chiedere seriamente se questa ribellione non sia già cominciata”. Da parte sua il Corriere ospita la riflessione del sociologo e psicologo marxista, Slavoj Žižek, secondo cui “l’incapacità del partito democratico di svoltare a sinistra ha creato lo spazio occupato da Trump che promette negli Usa quel che nessuno, a sinistra, si sognerebbe di proporre: mille miliardi di grandi lavori pubblici per aumentare l’impiego”.
Se la destra fa la sinistra e viceversa. Secondo Žižek qualcosa del genere sta già succedendo in Europa, a partire nella Polonia di Kaczynski: “Nell’ultimo anno, il governo ha abbassato l’età pensionabile, avviato enormi trasferimenti sociali, ad esempio alle madri, reso più accessibili istruzione e cure mediche”. Misure sociali che si accompagnano, tuttavia, a razzismo e nazionalismo. Žižek la chiama “pseudosinistra postfascista” e la vede crescere dalla Polonia alla Francia della Le Pen, sino all’America di Trump. Per Giulio Tremonti, intervistato dal Corriere, sta finendo la mondializzazione favorita dalle sinistre moderate. “Quella che sta crollando – dice – è un’utopia. L’utopia della globalizzazione. Lanciata nel gennaio del 1996 col secondo mandato alla Casa Bianca di Bill Clinton, immaginata come l’anno zero dell’umanità, articolata come progetto di creazione dell’uomo nuovo e di un mondo nuovo. L’uomo nuovo è il consumatore ideale, l’uomo a taglia unica, a cui vanno cancellate radici e tradizioni, in tutto e per tutto conforme allo schema ideale del consumo e del comportamento politicamente corretto”. 8 super miliardari, dunque bambini che muoiono per fame e…“l’adattamento in logica gender delle toilette degli edifici federali”.
Chi chiede asilo dovrà lavorare, secondo il Corriere è la novità più rilevante del piano Minniti per l’immigrazione. Subito dopo aver formulata la richiesta di asilo, e per sostenerne il buon esito, ogni migrante dovrà accettare “lavori utili” o “stage nelle aziende”. Mattarella riprende il tema dei minori stranieri posto, in modo accorato, da Papa Bergoglio. “Si tratta – dice – di una realtà che interroga le coscienze di ciascuno e l’intera società. In discussione sono, infatti, valori fondanti della civiltà perché nei diritti e nelle opportunità dei più giovani si specchia il grado di umanità, di libertà, di coesione dell’intera comunità”. Theresa May chiarisce che l’immigrazione che dà più fastidio alla Gran Bretagna è quella dei lavoratori europei, attratti dai salari più alti e dal welfare di quel paese. Trump si propone di chiudere subito un accordo commerciale con Londra e auspica che altri paesi lascino l’euro.
L’abbandono della scuola. Il Corriere pubblica un altro dossier di Tuttoscuola: “Un alunno su due cambia professore di sostegno”. Perché da anni gli insegnanti stanchi della loro precarietà si propongono per il sostegno essenzialmente per scalare le graduatorie. E perché #labuonascuola ha fatto impazzire la maionese, in una giostra degli insegnanti di sostegno dal sud al nord e ritorno. Ne fanno le spese, come sempre, gli alunni che di quel sostegno avrebbero bisogno. Più in generale, sostiene Galli Della Loggia, “dagli anni 80 la politica ha abdicato (ovvero non prova più a definire compiti e ruolo della scuola) e ha lasciato agli esperti i poteri dei ministri, cancellando nei programmi ogni valenza formativa”.
E la politica? Poca cosa. Dopo le interviste a Renzi di Mauro e a Berlusconi di Verderami è come se i grandi giornali si siano accorti di non avere che polvere tra le mani. Stefano Folli arguisce che non si voterà presto e aggiunge: “Berlusconi oggi ha in mano il bandolo della matassa. Sa cosa vuole – un sistema proporzionale – e non si preoccupa di apparire incoerente. Renzi invece ha perso la sua occasione e oggi non ha più una linea strategica ben definita”. Giannelli dà le fattezze dell’ex premier a un pupazzo di neve con un matterello in mano. “Legge elettorale: gelo sul mattarellum”, dice la didascalia. Marc Lazar ammette che sia Renzi, sia Sanchez, sia Valls, i tre uomini della Terza Via che si presentarono a Bologna in camicia bianca, sono oggi in braghe di tela. Ma spera comunque che sappiano reagire alla loro crisi. Bersani, sempre su Repubblica, sostiene che “La lezione non è servita (a Renzi). Su lavoro, fisco e welfare bisogna svoltare a sinistra”. Se no “si rischia di sbattare”. Poi aggiunge: che “M5S non è destra”. Perché “senza di loro ci sarebbe di peggio”.