Più posti, ma meno stabili, scrive Repubblica. Sono dati, finalmente, condivisi da Istat, Inps, Inail e Ministero del lavoro, dunque più affidabili. Confermano due cose che si capivano: che la locomotiva della ripresa ricomincia faticosamente a muoversi, che le politiche del lavoro attuate dall’Italia (jobs act, dono fiscale in cambio di assunzioni stabili, libertà di usare i voucher) sono state un trompe-l’œil, solo una bugia ingannatrice. La ripresa è come la vediamo, non dà alcuna certezza all’industria che campa alla giornata e per questo trasforma i lavoratori in numeri intercambiabili, che si lasciano dopo averli indossati per un giorno, come si fa coi vestiti in certi grandi magazzini. L’anno che verrà, quando gli incentivi-metadone scompariranno, le cose andranno peggio. Due dati lo anticipano. Il primo dice che la disoccupazione tra i giovani con meno di 35 anni è aumentata del 2,9% nel trimestre e del 6,6% nell’anno. Un milione e mezzo di loro cerca lavoro e non lo trova. Il secondo dato mostra cosa tocchi ai fortunati che trovano impiego: 121 milioni di voucher venduti nel 2016.
Israele e Russia, l’affondo di Obama, titola la Stampa. Dopo la sconfitta di Hillary, mentre gli americani già rimpiangono lo stile di Michelle alla Casa Bianca, Barack si è tolto finalmente gli occhiali da sole. Ha deposto quelle lenti iper-realiste che avevano frenato le sue intenzioni. Così John Kerry ora può dire – e lo dice – che gli insediamenti a Gerusalemme est e in Cisgiordania sono “una minaccia alla pace”, perché rendono impraticabile la formula “due popoli, due stati”. Oggi il manifesto sbatte in prima pagina una foto di rovine e sotto scrive: “Lo stato della Palestina”. Vero, ma la rovina della Palestina è la rovina di Israele. Così Kerry, che parla da amico degli ebrei e perciò fa infuriare di più Netanyahu, spiega che senza uno stato palestinese Israele dovrà rinunciare alla sua natura di stato ebraico o alla democrazia, trasformandosi in regime autoritario che pratica l’apartheid. Quanto tempo prima Kerry avrebbe dovuto parlare così! E quanto tempo prima Obama avrebbe dovuto vietare le trivellazioni lungo le coste dell’America! Anche nei confronti di Putin – la Casa Bianca immagina sanzioni effimere per la presunta ingerenza nelle elezioni – , da anni Obama avrebbe dovuto prenderlo sul serio, trattare con lui, offrirgli la pace in Ucraina, togliergli i missili della Nato dal giardino di casa, ma al tempo stesso far pesare la forza degli Usa.
Ora Putin ha vinto. Sembra diventato il punto di equilibrio – l’unico possibile – in quel Medio Oriente che per 70 anni era stato riserva di caccia – e di spropositi – degli Stati Uniti. Ieri russi, turchi e siriani (di Assad) hanno raggiunto un accordo per il cessate il fuoco. L’Iran ufficialmente non era ai colloqui, ma vigila sull’intesa con le milizie sciite ovunque sul territorio. La Siria, virtualmente, è ormai divisa in tre aree di influenza: russo-siriana, sciita-iraniana e turca. E i curdi? Cercheranno di tornare in partita quando si tratterà di snidare i taglia gole di Al-Baghdadi dalle città di Mosul e di Raqqa. Ma sono stati consegnati da Putin al loro nemico e abbandonati dall’occidente. A Istanbul oggi si processano Asli Erdogan e altri 8 intellettuali, accusati di avere scritto articoli filo curdi. Rischiano fino all’ergastolo. Intanto Putin ha lasciato che Mosca ammettesse quanto il doping sia diffuso tra gli atleti russi, ma se ne è lavato le mani sostenendo che lo Stato russo non ne sapeva nulla. Ora medici e sportivi potranno essere accusati di complotto contro lo Stato e l’occidente dovrà scusarsi con lo zar.
Il letargo sulla legge elettorale, apertura del Corriere, articolo di Cazzullo. Renzi ha detto di volere i collegi uninominali del Mattarellum ma il Pd non ha presentato un disegno di legge per ripristinare quella legge. Salvini si dice d’accordo ma aggiunge: “io con Renzi non tratto”. Prodi, in una intervista al Corriere, spezza anch’egli una lancia per il Mattarellum, ma a condizione – dice – che non appaia una legge anti Grillo. Berlusconi è per il proporzionale ma, come bene nota Cazzullo, anche nel Pd, fra i centristi e probabilmente fra i 5 Stelle sono in molti a diffidare dei collegi, a temere di non trovare i candidati giusti per vincere. E poi c’è Mattarellum e Mattarellum: ognuno vorrebbe piegare la legge dalla sua parte. La retroscenista più affezionata all’ex premier dà per scontato che il Mattarellum sia corretto da un forte premio alla coalizione. Dunque già immagina primarie a sinistra, con la Bordini che vada a farsi battere da Renzi per portargli in dote Pisapia, Zedda e un po’ voti di sinistra in modo che l’ex rottamatore soffi via il premio ai 5 Stelle e alla destra. Ma si può?
Sono contro il premio di maggioranza, contro le primarie, contro la sostituzione della scelta di un uomo a quella di una politica. Sono contro le sciocchezze che ci hanno fatto perdere 20 anni di tempo e hanno messo in moto “il pilota automatico” che ha portato l’Italia, senza vere riforme, in pasto ai “mercati”. Vorrei una discussione trasparente in Parlamento e là sosterrei che la clamorosa sconfitta delle riforme costituzionali Boschi-Renzi ha posto la pietra tombale sulla cosiddetta seconda Repubblica. Che con tre o 4 poli, quanti ne avremo, alla fine bisognerà fare accordi per governare. E che gli accordi non sono poi male se si fanno sui programmi. Che serve una legge proporzionale senza premi (e con una soglia di sbarramento) per portare in Parlamento la volontà degli elettori. Se invece si preferiscono i collegi, in modo che ciascun elettore guardi in faccia il “suo” parlamentare, insomma se si vuole il Mattarellum, allora lo si adotti ma senza quel 25% da distribuire ai partiti o – peggio – da donare al vincitore con meno del 30% dei voti. Elezione diretta per il 75% e il restante 25% serva a recuperare, in modo proporzionale i primi non eletti. Con la proporzionale si confronterebbero più le liste, con questo Mattarellum più i candidati. Ma senza truffe.