Sapete? Quando in teatro il comico non sa più far ridere…È così, con il governo che oggi chiede la fiducia alle camere. “Non è successo niente”, il manifesto. “19.419.5o7 italiani presi a schiaffi” – dice il Fatto – “dall’accozzaglia”, ma avrebbe potuto dire dagli ex rottamatori incollati alla poltrona”, “dai giovani con un grande futuro alle spalle”. “Governo Gentiloni, ministri di Renzi”, la Stampa. Per Giannelli Mattarella legge la lista ed esclama “Manca Renzi”. Già perché manca? Perché è in ritiro a Pontassieve. Giusto il tempo di fare la vittima, “senza stipendio, senza pensione, senza immunità” e preparare un doppio blitz: per vincere a marzo le primarie “aperte” e provare a riprendersi, poi, Palazzo Ghigi. “Governo fotocopia”, scrive Repubblica. Anche per Calabresi: “Troppo poco”. “Il governo nasce morto”, il Giornale.
C’è mai qualcuno che paga il conto delle sconfitte in Italia? Se lo chiede Gramellini. “Renzi continua a governare per interposto Gentiloni. Se non è lui ad avere perso, sarà la ministra delle Riforme? Macché, la Boschi resta a Palazzo Chigi con poteri raddoppiati, dopo avere annunciato che in caso di vittoria del «No» avrebbe lasciato la politica… L’eminentissimo grigissimo Letta-Lotti resiste intrepido alle purghe natalizie.. La buona notizia è che finalmente Alfano sgombera gli Interni. Quella cattiva è che invade gli Esteri, grazie alla sua preparazione in storia e geografia del Kazakistan maturata nella vicenda Shalabayeva. Anche Galletti resta all’Ambiente… E Poletti non molla l’osso del Lavoro.. Tutti sconfitti e tutti confermati, tanto che non si è trovato neppure uno strapuntino per l’offesissimo Verdini” (che non voterà la fiducia). Aggiungo io che le new entry sono Anna Finocchiaro, madrina con la Boschi della legge costituzionale come sapete molto apprezzata dagli italiani, e Valeria Fedeli, eletta vice presidente del Senato in quota Cgil ma che con sprezzo del pericolo si subito è schierata a fianco degli intrepidi rottamatori della Cgil. Manca Chiti, privato della mercede per il suo voltafaccia. Manca Pizzetti, il genio che ha suggerito di togliere poteri alle Regioni promuovendo senatore qualche consigliere regionale.
La casta è servita. Giovani rottamatori che non hanno altro mestiere se non fare politica, riformisti che hanno fallito e dunque restano, voltagabbana che festeggiano il tradimento, trasformisti arroganti convinti che il popolo sbaglia sempre se non apprezza il loro “spirito di servizio”. Andreotti impallidirebbe. Quando disse: “il potere logora chi non ne ha”, non immaginava che potesse finire così. Poi. sarà vero? D’Alema non lo crede: “Se la risposta all’esito del referendum, e al voto contrario dei giovani, è quella di spostare Alfano agli esteri per far posto a Minniti, allora abbiamo già perso 4 o 5 punti percentuali, e alle prossime elezioni sarà un’ondata”. “Non temo il voto – dice Cuperlo a Renzi – temo il risultato”. Davvero non c’è da meravigliarsi. Nessuno stupore se un signore educato come Paolo Gentiloni ha dovuto accostumarsi con un siffatto mucchio selvaggio. In tre anni avevo visto addensarsi un grumo di interessi e menzogne che generano complicità. Napolitano, con l’assioma “first reforms”, a fornire il cemento ideologico, Renzi a promettere sempre nuove battaglie e nuove vittorie, il disprezzo per il Parlamento e per gli elettori, come brodo di coltura.
Cosa possiamo fare? Intanto denunciare chi vorrebbe portarci subito e di nuovo al voto con un simil Porcellum o un Italicum modificato in fretta, ma sempre buono a compiacere la megalomania di chi vorrebbe comandare da solo (dove “solo” significa senza confrontarsi ma a capo – come stiamo vedendo – di una lunga schiera di clienti e di mazzieri). Mi dispiace, ma i 5 Stelle si sbagliano quando dicono che si può votare con una legge elettorale imposta tre volte da Renzi con il voto di fiducia e appena modificata dalla Consulta. Vengano in Parlamento e costruiamo presto insieme a Berlusconi una legge senza premi truffa e senza nominati. Poi, chiedere alla Cgil, all’Arci, all’Anpi di continuare la battaglia per la democrazia e per la Costituzione. Quella Costituzione che voleva fondare la Repubblica italiana sul lavoro e su una ragionevole giustizia sociale, non sulle lobby e i comitati d’affari che si ergono in difesa degli interessi costituiti, che sposano la retorica di JPMorgan, del neo liberismo e della mondializzazione finanziaria. Ma che potrebbero, capita l’aria Trump, domani cambiare casacca, sposando nazionalismo, barriere e impedendo – vedi Le Monde di oggi – la circolazione dei lavoratori in Europa. In terzo luogo, costruire un embrione di casa comune della sinistra. Fra persone che non ritengono una bestemmia difendere i diritti del lavoro, combattere precariato e voucher, puntare su scienza e innovazione, guardare ai servizi in comune, contrastare il riscaldamento del pianeta, considerare l’uomo qualcosa di più e di diverso da una merce.