Ha spianato Gentiloni, si è rimangiato la sanatoria sui contanti, dice di aver bloccato le sanzioni a Putin, ha litigato (via Poletti) con il presidente dell’Inps sul niente che la manovra prevede per i giovani, ha di nuovo sfidato l’Europa che sta per mandargli una lettera di richiamo. È ovunque, corre, chiosa, ringhia, sentenzia. La famiglia di Giannelli fa zapping e lo trova dappertutto: Tg1, Tg2, Tg3, Tg tutto. “Ma appare sempre lui, cos’è? Chiede il mario. “È l’appar condicio!” La signora ha la battuta pronta.
Ma tu, Mineo, non entri nel merito delle scelte. Ma come si fa? Sono troppe e contemporanee. Ci vorrebbe un ideologo, sorretto da immensa fede e non un semplice analista, per trovare un filo unitario, per dare in senso politico a tale impudente pervasività. Ci prova oggi Massimo Franco “La maschera «nazionalista» che Matteo Renzi si è calato sul viso nel vertice di Bruxelles evoca brividi antieuropei e calcoli referendari”. Questo lo capisco anch’io, che sono gufo, ma il bravo editorialista del Corriere dice che la politica di Renzi “non si può ridurre a questo”. E allora? “Irritazione verso le istituzioni europee”, “preoccupazioni commerciali”, “lungimiranza geo politica”,”Renzi è troppo in bilico per permettere all’UE di frenare la sua strategia”? Alla fine Massimo Franco abbassa le braccia: “Il rischio che il governo stia imboccando non la strada dell’interesse nazionale, ma di una possibile uscita unilaterale dai parametri europei e dunque del progressivo isolamento, non va sottovalutato”.
Il muro del pianto. L’Italia s’era astenuta (come sempre) sulla risoluzione dell’Unesco che riconosce a quello storico monumento solo il suo nome arabo e definisce Gerusalemme est come terra palestinese “occupata” da Israele. Renzi vuole cambiare linea dell’Italia in proposito? Lo faccia ma non umiliando il suo Ministro degli Esteri, non definendo in diretta televisiva “allucinante” la sua condotta. Perché se no ci induce a pensare che l’abbia detta quella cosa solo per catturare qualche voto dalle comunità ebraiche d’Italia al referendum.
Con Spagna e Grecia, abbiamo detto No alle sanzioni contro la Russia. Bene. Sosteniamo allora, per esempio, che Assad-Putin hanno commesso crimini contro l’umanità ad Aleppo ma i ribelli jihadisti hanno fatto di peggio, e l’Arabia Saudita sta sterminando le popolazione sciite dello Yemen. Diciamo che l’Europa non può portare il peso di una politica sbagliata decisa a Washington. Niente di tutto questo. Renzi si era appena vantato della sua totale consonanza con Obama e con la Clinton, aveva detto persino che il mondo, cioè l’America, si preoccupa più dell’Europa che di altre crisi mondiali. Il giorno dopo è un’altra storia. Sembra davvero che Matteo abbia ricevuto la telefonata di qualche lobby economica e d’impulso abbia cambiato verso, dimenticando quel che aveva detto e fatto il giorno prima.
No al lodo Corona. Bene. Mattarella e Padoan questo stavano chiedendo: una sanatoria sui contanti darebbe un via libera osceno a chi ricicla denaro sporco e farebbe infuriare quei cittadini timorati che dichiarano fino all’ultimo centesimo. Il premier avrebbe potuto ben dire di averci ripensato, ammettere un errore può essere prova di rettitudine. Nessuna autocritica, solo un rinvio nella trasmissione della manovra alle Camere. Dando così l’idea che tutto sia ancora in aria. Il conto delle entrate, la consistenza dei doni, i numeri del deficit. Così, la lettera di richiamo di Bruxelles apparirà perfino giustificata. E lo scontro con la Germania, che già denuncia scelte “centrifughe” apparirà incomprensibile o, peggio, parrà una rissa tra caratteri, tra Renzi, allievo incostante, e Merkel, maestra secchiona.
Vuoi revocare il mandato a Boeri? Perché non condividi la sua riforma dell’Inps, perché ti ha infastidito il suo No ai condoni che riducono le entrate dell’istituto, perché sospetti ti abbia mandato apposta le cifre sul flop del jobs act proprio mentre eri a tavola con Obama, e perché ora osa farti la morale sostenendo che nella manovra non c’è niente per i giovani? Licenzialo. È uno stimato professore universitario, non morirà di fame. Invece no, aspetti che se ne vada, lo attacchi a mezzo Poletti. “Sei avvisato, Boeri!” Questo è Crozza, non Renzi. O è un Renzi ormai fuori di sé, che dà di matto quando le cose non gli vanno più a genio.
Il Sì e il No, i sondaggi e la paura. Repubblica scrive “Il Sì rimonta nei sondaggi ma il No rimane in testa”. Poi però pubblica una raffica di rilevazioni delle quali solo una, Demopolis, segnala un leggero vantaggio dei favorevoli, le altre, Noto, Amadori, Ghisleri, Piepoli, registrano una prevalenza più o meno netta di contrari alla “deforma”. Il Corriere, poi, annuncia tempesta: “Il No a quota 54%. E il Sì prevale solo tra gli over 65”. Sono i sondaggi, Matteo, che ti fanno uscire di senno? Tranquillo, manca ancora tanto al voto, ma se ti agiti così perderai di certo. Perché forse gli italiani si arrenderebbero pure a un premier forte, che gli tolga la fatica di dover scegliere, ma non se perde il controllo, se esagera, se tracima.
Come usa nell’ultima di copertina, i ringraziamenti dovuti. “Spianato” con la foto di Gentiloni, è il titolo de il manifesto. “Dietrofront del governo, no al condono”, lo devo alla Stampa. “Equitalia cambierà solo nome” è la previsione del Giornale che fa i conti all’aereo di stato voluto dal premier e lasciato per ora in un hangar: “L’air force Renzi costa 76mila euro al giorno”. Il Fatto scrive: “Il governo spreme due miliardi dalle compagnie telefoniche” (che si rifaranno sugli utenti). Poi aggiunge: “Mediaset invece non si tocca”.