Il PIL fermo costa 6,5 miliardi. Si fanno i conti – in questo caso a farli è la Repubblica – e non sono pietosi con la narrazione ottimista in economia del premier e del governo. Delle promesse di Renzi, alla luce dei nuovi dati, risultano finanziate il taglio all’Ires per le imprese, costo 3 miliardi, e per metà l’operazione sulle pensioni. La copertura per evitare le clausole di salvaguardia previste dall’Europa, e cioè il disastroso aumento dell’Iva, c’è solo per due terzi, 8-9 miliardi rispetto ai 15 che servono. Niente per i migranti, niente bonus bebè, né per la povertà e le famiglie, né taglio del cuneo fiscale né tantomeno dell’Irpef. Gli editorialisti ci spiegano, però, che Francia e Germania vorrebbero tenere in sella Matteo Renzi perché temono che una crisi politica in Italia distrugga quel poco di Europa che rimane. Dunque gli concederanno di spendere per rafforzare la sua immagine a costo di sforare il deficit e aumentare ancora il debito? Può darsi., ma non sarà facile. Noto che già ieri El Pais parlava di nuovo dell’Italia come “il malato d’Europa”. Ancora conti: il Fatto somma tutto il denaro che il governo avrebbe “buttato per arrivare alla crescita zero. 30 miliardi”. Dagli 80 euro, al jobs act, a Expo, al bonus fiscale, a Imu e Tasi. Giudizio impietoso di un giornale d’opposizione. Ma che la Renzeconomics non abbia funzionato è il meno che si possa dire.
Isis, caccia alla rete di Milano, titola il Corriere. Sbandati dopo la sconfitta, gli assassini neri di Sirte potrebbero cercare (questo volta davvero) la via del mare e dei barconi. Pur di non ripiegare mille e più chilometri nel deserto. Sono da tenere in conto, poi, le minacce all’Italia. E c’è almeno un “capo” jihad che conosce il nostro paese: il tunisino Moez Ben Abdelkader Fezzani alias «Abu Nassim», che era stato processato a Milano, assolto ed espulso nel 2012, se ne era andato in Libia e ora è uccel di bosco. Peccato che l’anno dopo questo gaglioffo sia stato condannato in appello, e in contumacia, a 6 anni di carcere per terrorismo. Lo racconta, sempre dalle pagine del Corriere, Luigi Ferrarella. Forse varrebbe la pena di fidarsi un po’ di più nel nostro sistema giudiziario e di integrarlo con misure di polizia e di intelligence, severe quanto opportune e che non violano, di per sé, lo stato di diritto. Insomma quell’uomo poteva essere tenuto sotto controllo, dopo il primo giudizio, e poi sbattuto in carcere dopo l’appello. Si poteva cercare di risalire alla sua rete, risalire ai contatti costruiti. Il terrorismo islamico è globale: la semplice espulsione non basta.
La donna col burka abbraccia la guerrigliera. Fotografia che il manifesto espone in prima pagina e il Corriere accompagna con altre immagini di donne tutte bardate di nero ma a volto scoperto, donne che fumano (e pare non fumassero) alla faccia del califfo e dei suoi ordini, dopo la caduta di Mambij in Siria. Posso solo aggiungere che quasi certamente la guerrigliera è un membro del PKK, partito curdo di Öcalan che Erdogan considera “terrorista”! Perché la vittoria a Mombij è stata, sì, favorita da bombardamenti americani e conquistata da una coalizione di curdi e di arabi (in forte minoranza), ma l’anima della coalizione, il nerbo militare dei vincitori, sono i curdi – e soprattutto le curde – del PKK. Penso anche che abbiamo accelerato la presa della città per contrastare tutto il battage pro ribelli islamisti (di Al-Nusra) che si andava facendo intorno ad Aleppo assediata. I curdi sono là, in Siria, a due passi dal territorio turco – dove i loro villaggi sono sotto il tiro di Erdogan -, sono necessari agli americani per combattere Daesh, si propongono come alleati dei russi se i russi continueranno a volerli come alleati – ed è probabile che così sia – nonostante l’avvicinamento a Erdogan. È la guerra in Siria: non ci sono i buoni (a stelle e strisce) contro tutti i cattivi.
L’informazione salvata dai conservatori. Sergio Romano spiega, sul Corriere, perché sia così difficile aiutare i bambini assediati ad Aleppo. Osserva come per realizzare un ponte aereo umanitario, come quello di Berlino (dopo la costruzione del muro) serva l’accordo tra le parti. Ma i “ribelli” usano i kamikaze e non rispettano nulla che non gli convenga, Assad e Putin pensano di aver la vittoria in tasca e non sono disposti a far regali. Sono d’accordo. Penso infatti che non sia possibile fermare le stragi in Siria – né contenere il rischio Erdogan – senza trovare un accordo con Putin sul fronte dell’Ucraina. E a proposito di cattivi, vorrei proporvi (dal Corriere di ieri) una risposta di Madeleine Albright, grande sostenitrice, femminista di Hillary Clinton. Alla domanda “Sappiamo che in Iraq sono morti mezzo milione di bambini, più di quanti ne siano morti a Hiroshima, un prezzo altissimo da pagare. Come si giustifica?” L’ex segretario di stato aveva replicato: “so benissimo che si è trattato di una scelta difficilissima, ma noi siamo convinti che sia stata una scelta perfettamente legittima”. Se lo avesse detto Putin lo considereremmo inaccettabile. Lo ha detto Albright!
L’informazione salvata dai conservatori, 2. Luca Ricolfi scrive sul Sole24Ore dell’origine e della natura dei “populismi”. Per dire alla fine una cosa semplice. Nel 2008, nonostante gli economisti di sinistra – cita Stiglitz – si affannassero a spiegare che la ripresa non avrebbe frenato l’arricchimento dei ricchissimi e la proletarizzazione del ceto medio, gli elettori americani fecero spallucce. Ora, arrabbiati e delusi, nonostante – dico io – le oneste ma non sufficienti politiche di Obama, sono persino disposti a votare Trump. Ecco il punto. Il nostro vero problema è la Clinton. Finché l’immagine della “sinistra” sarà quella di una signora coccolata dall’establishment, che ha guadagnato l’anno scorso 9 milioni di dollari e ha tenuto conferenze riservate e profumatamente pagate per le maggiori Corporation, sarà molto difficile fermare i “populismi”. Lo stesso discorso vale per l’Europa della terza via.