Pena di morte a furor di popolo. Un milione a Istanbul, con le bandiere turche, per giurare fedeltà a Erdogan, piangere i morti del colpo di stato fallito, chiedere una punizione esemplare. Che si fa quando è il popolo a chiedere la pena capitale? Si dice no. La democrazia liberale, con la quale destre e sinistre tradizionali, si rompono la bocca, è proprio questo: la volontà del popolo, ma corretta dalla continuità delle leggi. E questa continuità traduce in norme conquiste secolari faticose e spesso dolorose della società umana. Naturalmente questa risposta – caso mai l’Europa fosse capace di darla con la necessaria chiarezza – lascia sul campo un altro problema. Chi sono quegli uomini e quelle donne (velate) che accettano, anzi sollecitano, il contro colpo di stato di Erdogan? Con decine di migliaia di oppositori (giudici, giornalisti, professori) licenziati e spesso incarcerati? La risposta è semplice: la piccola e la piccolissima borghesia di Istanbul che vede in Erdogan l’artefice del miracolo economico turco (10 anni di crescita sostenuta fino al 2013). Ora che le cose dell’economia stanno peggiorando, questo popolo dà la colpa all’alta borghesia, imprenditori, ricchi commercianti, funzionari di grado elevato, generali. Esattamente il mondo che era stato influenzato dall’islam illuminato e neo ottomano di Fethullah Gulen. La richiesta di arrestare e processare Gulen è la loro richiesta. L’accusa di corruzione che l’imam lancia dagli Stati Uniti contro Erdogan, questo popolo la rivolge a lui: non è forse, Gulen, ricchissimo? Inoltre, questa piccola e piccolissima borghesia si è formata nelle moschee, al fuoco ideologico di un neo-islamismo sostanzialmente wahhabita (anche se non tutto, né del tutto consapevolmente, fondamentalista ed estremista). Erdogan ha dato loro (prima del golpe) un contentino non da poco: prima i muezzin usavano per far intendere la loro preghiera degli altoparlanti, collocati nelle piazze e nelle piccole moschee intorno ad Hagia Sophia, la superba basilica bizantina che dagli anni 30 è stata trasformata in museo proprio per sottrarla al culto islamico. Erdogan li ha fatti entrare nella chiesa.
Erdogan eroe della riscossa islamica di Istanbul. Che fare? Se gli americani, nel tentativo di salvare la Nato – di cui la Tirchia è il paese più armato dopo gli Stati Uniti -, cercheranno a tutti i costi di trovare un accordo con il tiranno, Erdogan giocherà su due tavoli: cercherà accordi con Putin e ricatterà l’Unione Europea (soldi e visti per i turchi in cambio del contenimento dell’immigrazione siriana), non aiuterà più Daesh ma risolverà a suo modo il problema curdo e terrà la Turchia sotto il tallone non solo di una svolta autoritaria ma di una rivoluzione (di una guerra civile strisciante) piccolo borghese e islamista. Sarebbe un tragico errore da parte dell’occidente. Molto meglio cercare un’intesa, noi, con Putin, difendere i curdi che sono i nemici più affidabili del Daesh, far tremare (e potenzialmente dissolvere) il fronte piccolo borghese pro Erdogan, negandogli quello di cui ha bisogno per la ripresa e che vuole dall’Europa: libertà di circolazione e soprattutto libero commercio con e dall’Europa. Ma per far questo dovremmo avere una politica estera europea.