La colpa è sempre di altri, di quelli di prima. “Da tre anni – dice Renzi a Repubblica – conviviamo con il rischio di manovre correttive, ma posso dire con certezza che non ce ne sarà una per il 2016. Purtroppo ci troviamo a fronteggiare questo meccanismo atroce delle clausole di salvaguardia perché i governi Letta e Monti hanno disseminato di trappole le vecchie finanziarie, ma seguiremo la linea già tenuta fin qui scongiurando un salasso da 15 miliardi, dunque l’Iva non aumenterà. E le tasse continueranno a scendere, perché andremo avanti sul taglio dell’Ires”. Elettore, stai sereno: gli ufficiali esattori erano Monti e Letta, con Renzi e fino al referendum, niente manovra correttiva. Nel 2017, chissà.
“Dal 2015 abbiamo cambiato verso e invertito la rotta. Il segno del pil è tornato positivo, il Jobs Act ha portato 599mila posti di lavoro in più e la massa dei crediti deteriorati finalmente cala. Ecco perché insisto su investimenti, crescita e flessibilità contro la cultura dell’austerity”. Veramente i dati non dicono questo: la crescita dello zero virgola, la più bassa tra i paesi del G8, segnala che la malattia dell’Italia permane, che l’occupazione non è cresciuta in modo apprezzabile, e dove è cresciuta, ha offerto lavori stagionali o pagati con i voucher. Nè si vedono i frutti della fine dell’austerità: basta chiedere a un giovane che cerca lavoro, a un artigiano che rischia di fallire, a un dipendente cui non rinnovano il contratto.
Il Monte dei Paschi di Siena? La medicina imposta dall’Europa? Chiedete a Monti, a Letta e…a D’Alema: “Quando gli altri Paesi come Gran Bretagna, Germania e Spagna hanno salvato le banche, non c’erano vincoli Ue. Li hanno messi nel 2013. E sono stati i governi che ci hanno preceduto a scartare l’ipotesi di una bad bank italiana. Per me è stato un errore…A me interessa proteggere il correntista e il risparmiatore. Devono sapere che in Italia c’è un governo che si occupa di loro, non delle poltrone dei consigli di amministrazione delle banche come accaduto troppo spesso in passato”. Veramente sotto tiro sono azionisti e detentori di obbligazioni, non generici “risparmiatori”. Pagheranno di tasca loro come chiede l’Europa? Renzi dice di chi sarebbe colpa se dovessero pagare: degli intrallazzoni di sinistra da lui rottamati. “Qualcuno faceva campagna elettorale per il rinnovo dei cda attraverso la concessione di credito. Su Mps, non prendiamoci in giro: le responsabilità di una parte politica della sinistra, romana e senese, sono enormi”. E Banca Etruria? “Noi siamo stati di una severità esemplare arrivando al commissariamento e alle doppie sanzioni. Ma chi conosce Arezzo sa che le cause di quella vicenda hanno le radici in un passato lontano e sono ben diverse da come sono state raccontate”. Boschi e Renzi, innocenti e calunniati.
Io non ho messo il naso in nessuna nomina Rai. – Lo diceva sempre Silvio Berlusconi. Oh no scusate, questa volta a dirlo è Matteo Renzi – . “Abbiamo scelto come Governo un manager qualificato come Campo dall’Orto, adesso tocca a lui e alla sua squadra. Il paradosso è che noi non mettiamo bocca nelle scelte e siamo giudicati responsabili per tutto ciò che accade. Buffo, no?”. Buffo se fosse vero. Ma chi ha voluto – con la riforma imposta – che tutto il potere di nomina e di gestione della Rai fosse consegnato al governo? Chi ha chiesto che Giannini fosse allontanato ed è stato allontanato? Chi ha detto che il Tg3 “mostrava di non aver capito chi avesse vinto il congresso” (del Pd) e ora vuole “avvicendare” il direttore? Chi?
La più grossa sul referendum istituzionale. Dice testualmente Renzi: “Personalizzare questo referendum contro di me è il desiderio delle opposizioni. Non il mio. Per questo ho già detto che il mio contributo sarà molto chiaro: parlare solo e soltanto di contenuti, tenendomi alla larga rigorosamente da tutti i temi del dopo”. Dunque annunciare che il governo andrà a casa un minuto dopo la vittoria dei No. Lasciando il paese con la finanziaria non ancora approvata, con la quasi certezza che torni lo spread. Dunque minacciare deputati e senatori di perdere il posto e l’indennità, perché dopo Renzi e Boschi le elezioni sarebbero inevitabili. E annunciare la convocazione d’urgenza del congresso Pd, come ulteriore arma di ricatto alla minoranza. No, tutto questo non è “parlare del dopo”, non è mica “personalizzare il referendum”. Oppure tutte queste cose ce le siamo sognate: siamo noi i mitomani (persone portate alla fabulazione, a dare realtà alle creazioni della loro immaginazione, spesso vivendo in una realtà fittizia e cercando di imporre anche ad altri, come vere, situazioni puramente inventate), non il giovanotto di Rignano che si è preso Palazzo Chigi.
No comment, a voi l’ardua sentenza. Aggiungo solo, a mia discolpa, di aver avvertito per tempo il Pd, Renzi stesso, il Parlamento tutto, nonché voi lettori che vi ostinate a seguirmi. Quest’uomo sa fare – piuttosto bene – poche cose importanti: sa individuare la linea di minore resistenza, sa valutare le forze in campo, sa stringere le alleanze contingenti, quelle che al momento più gli convengono, per poi spianare e asfaltare gli avversari. Sa rivendicare per sé tutti i meriti e occupare il centro della scena. In verità egli è un genio della politica intesa come pura tattica. Quando fa questo, ci stupisce. Come l’idiot savant – stavolta lo dico in francese – che va alla lavagna e sorprende fino alle lacrime chi lo conosce e gli vuole bene, perché risolve tutto d’un fiato un’equazione che a noi normodotati sembrava impossibile. Purtroppo, quando non è alla lavagna, fuori dal gioco contingente della tattica politica, Matteo Renzi mostra di non avere né idee forti né convinzioni profonde: legge poco, ascolta di malavoglia, rimuove i problemi per i quali non trova una soluzione immediata. Batte in ritirata, fugge ma ha coscienza di questo suo limite e se ne vergogna. Perciò non sopporta i “professoroni”: perché gli ricordano quello che non sa. Detesta i giornalisti che non apprezzano la geometrica bellezza della sua narrazione. Odia i politici di lungo corso, perché vede in loro quei limiti che sono i suoi limiti. Si trova spesso a disagio nel rapporto diretto. Costretto (dal personaggio che si è cucito) a recitare il ruolo del maschio alpha, si confronta con altri maschi solo in pubblico, dove pensa di prevalere. Oppure ama portarli al guinzaglio: esecutori, consiglieri silenti, clientes. Naturalmente uno così subisce sempre l’influenza di una che sia donna giovane, volitiva e intelligente. – Serve ripetere che non parlo di sesso se non in una accezione solo culturale e sublimata? – Fuori dalla politica come gioco, Matteo soffre per essere Renzi. Così, appena può, recupera la fiducia in se stesso tornando a fare quello che meglio sa fare. Spiana, asfalta, cambia le carte, si prende i meriti e mai le colpe.