Ragazzina che sogni in grande, questa sera è per te. Bella frase detta nella notte da Hillary Clinton, quando nella notte si è profilata la vittoria su Sanders in California e ha avuto la certezza che sarebbe stata lei la candidata. Una donna presidente, mai prima d’ora una tale opportunità si era affacciata. Hillary ha reso l’onore delle armi all’irriducibile, al “socialista” Bernie. “Non vi sbagliate – ha detto – Sanders, la sua campagna il duro confronto che abbiamo avuto sulla crescita, su come combattere le disuguaglianze e promuovere la scalata sociale, ha fatto molto bene al Partito democratico e all’America”. Ora entrano in gioco i mediatori: Barack Obama, per primo, che domani incontrerà Sanders alla Casa Bianca. Poi Elizabeth Warren, di sinistra quasi quanto il senatore del Vermont ma che non si è schierata con nessuno dei due candidati e potrebbe forse essere vice presidente di un ticket tutto al femminile. Sanders, da parte sua, ha stravinto la sua battaglia, ha mobilitato un numero mai visto di attivisti, conquistato molti elettori indipendenti, rilanciato in politica i ventenni, i millennials come si dice in America. I sondaggi dicono che batterebbe Trump con più margine di quanto non sembra poter fare Hillary, ma non sarà Sanders il candidato. Forse, meglio così. Se avesse vinto, il partito non lo avrebbe mai aiutato, senatori e deputati lo avrebbero evitato per non perdere i finanziatori e la stima dei lobbisti. Il congresso ostile lo avrebbe costretto a mettere tanta acqua nel suo programma da spegnere ogni entusiasmo e produrre, forse, un’altra, ennesima, delusione. Ma quest’uomo e i suoi giovanissimi sostenitori hanno cambiato l’America. Ora si trova davanti al dilemma difficile: come continuare, come aiutare la Clinton contro Trump restando fedele al suo sogno. Un partito-movimento federato al Partito Democratico? Non lo so. Da troppo tempo vivo lontano dagli Stati Uniti e certe cose, per capirle, le devi vedere di persona.
Renzi ora cerca il Pd. Giusto il tempo per vincere – o per non perdere malamente – i ballottaggi. Così dice, e Repubblica ne fa il titolo a pagina 2, “Non è mai esistito il partito con Verdini”, E si aspetta che la minoranza risponda: “Ah, allora, non c’è problema”. Poi attacca il movimento 5 stelle che, secondo i conti dell’istituto Cattaneo, avrebbe perso qualcosa, il 3,6%, rispetto alle politiche 2013. Il Pd esulta, ma poi attacca Ballarò – oltre che il Tg3 – per una tabella che accosta i risultati delle comunali e quelli delle europee. Il paragone con il 2013 è lecito se si tratta dei 5 Stelle, quello con il 2014 no se stiamo parlando del Pd. Valli a capire questi piddini. Quel che conta è che Renzi ha detto loro di menar duro, contro i 5 stelle, contro l’antipolitica, contro “chi gufa” e quindi “non vuol bene all’Italia”. Un orgia di spropositi televisivi ci attende. Ma Repubblica, la rassicurante, ottimista e confortante Repubblica, lancia il campanello d’allarme. I giovani sotto i 34 anni hanno votato per Raggi e Appendino. Oltre un quarto dei sostenitori di Raggi sono studenti, il 56% di chi ha votato per Giachetti è già in pensione. Federico Fubini, sul Corriere, spiega invece che c’è una relazione diretta tra voto e costo degli immobili. Chi sta in centro e abita in case di pregio è disposto a credere alle promesse di Renzi e ad aspettare, chi sta magari solo a cento metri, ma con strade più sporche e in edifici non ben tenuti non si concede il buonumore e protesta.
Avviso ai naviganti. La mattina, chi preferisse ascoltare piuttosto che leggere, può trovare il Caffè con la rassegna stampa, in un file audio postato su Left. Il pomeriggio alle 5, Left propone Left sera una prima pagina on line, che si può scaricare in Pdf. Un quotidiano, insomma, per dare battaglia, per provare a darvi – non è facile alle 5 – le notizie più importanti del giorno dopo, prima di sera.