La battaglia del quorum, scrive Repubblica. Oggi 26 milioni di italiani dovrebbero andare a votare anche se né Rai né Mediaset li hanno informati, anche se tutti i grandi giornali hanno sostenuto che il referendum non era importante suggerendo che si trattasse di un costoso regolamento di conti tra politici di professione, anche se l’inquilino di palazzo chigi continua a promettere bonus per i diciottenni, bonus per i pensionati poveri, ora anche la riduzione delle tasse per tutti, anche se la gran parte della classe dirigente nasconde quanto sia debole e provvisoria la ripresa in Italia, anche se si ode ovunque lo slogan “non disturbare il manovratore” che è sempre meglio di Razzi e Scilipoti e dei senatori, vil razza dannata.
I believe in fairies, credo nelle fate, dice Peter Pan in un film non troppo vecchio. Spero che molti italiani abbiano capito cosa sia davvero in gioco dietro questa spaventosa – e spesso inconsapevole, incolpevole – campagna di disinformazione. C’è una domanda semplice: chi decide? Se la democrazia si debba ridurre a delegare ogni scelta a un uomo solo, oppure se donne, uomini, ragazzi, anziani possano esprimere un’opinione, dire un’aspirazione, fissare un orizzonte, che poi il politico di professione è tenuto a realizzare e, se non è d’accordo, può rifiutarsi e tornare alla sua professione precedente (se ne aveva una) o semplicemente a casa. 26 milioni di italiani, capite? L’unica volta che Matteo Renzi è stato votato – per dirigere il Pd non per governare l’Italia – ha preso meno di due milioni di voti. Ne servono 13 volte tanti.
Tu quoque Lo Bello. Anche il vice presidente di Confindustria, il campione della legalità e del rinnovamento tra gli industriali siciliani è ora indagato per associazione a delinquere. Inchiesta dei magistrati di Potenza, intorno all’affare Tempa Rossa e a quello, pure petrolifero, del porto di Augusta. Inchiesta sul filo delle telefonate indecenti tra uno che si approfitta delle donne, Gianluca Gemelli, e la sua ultima vittima, l’ex ministra Federica Guidi, imprenditrice ed ex ministro – in totale conflitto di interesse – delle attività produttive. Mi piaceva questo Lo Bello e lo considero innocente fino a prova contraria, ma il punto è che gli imprenditori dovrebbero essere valutati per ciò che fanno, non per quel che dicono. Lo Bello ha una fabbrica di biscotti, fu messo nel consiglio di una banca per nomina politica. Il suo amico Montante viene dalla provincia mafiosissima di Caltanissetta, che lui ha dichiarato mafia free prima di essere indagato per concorso esterno con la mafia, un altro loro amico è sodale e padrone delle discariche siciliane. Di che rinnovamento stiamo parlando? Di una cosa che parla di legalità e usa l’antimafia per fare affari, chiedere favori e distribuire incarichi. E tutto ciò come si chiama, ormai purtroppo non solo in Sicilia?
Il gesto. Va tra i dannati della terra, prende in braccio un bambino, si riporta a Roma 12 profughi che ringraziano Allah, stringe la mano di Sanders senza lavarsi la sua, subito dopo, perché contaminata dal virus socialista del candidato alla candidatura. È una persona per bene: perciò fa scandalo. Perché molti, troppi, fra noi vorrebbero fare un patto col diavolo -e rinunciare al diritto di decidere – pur di non avere davanti agli occhi quel che spaventa e non piace. Se poi succeda in Turchia o in Grecia o in Libia, in fondo: “a me che importa?”
Il califfato sta perdendo. Lo penso da tempo. Oggi lo scrive, con chiarezza, Maurizio Molinari sulla Stampa. La guerra in Siria e in Iraq si prolunga solo perché non è ancora deciso cosa e chi debba gestire la transizione, perché l’occidente non si fida di Putin e teme che l’Iran prenda troppo piede, perché non riesce a trovare un leader sunnita che non somigli come una goccia d’acqua ad Al Bagdadi e a Osama Bin Laden. Le nostre democrazie sono sotto ricatto da 15 anni. L’Arabia Saudita – scrivono New York Times e Corriere della Sera – “minaccia di ritirare 700 miliardi di dollari dagli Stati Uniti se il Congresso approverà una legge che autorizza a portare in tribunale cittadini sauditi nelle cause legate all’11 settembre”.