Tempa Rossa, il mistero dell’emendamento sparito, è il titolo del servizio di Fiorenza Saracini sul Corriere. Sì, quell’emendamento dal sicuro valore “strategico”, quello che sbloccava i lavori della Total, che il premier giura di avere scritto di suo pugno, dove è finito? Misteriosamente scomparso dalla legge di stabilità del 2016. Caduta la Guidi, condannati a Potenza alcuni dirigenti della Total, quell’emendamento si è perso. Anche il “marito” – ricordate, così la ministra definiva il suo compagno in una lettera al Corriere di qualche giorno fa – non è più tale: Federica Guidi “sta verificando il ruolo di Giancarlo Gemelli, padre di suo figlio ma con il quale non ha mai convissuto”, scrive l’Ansa. “Guidi scarica il suo compagno”, conclude la Stampa. Mentre fra Matteo e Maria Elena, sorrisi e punture di spillo. Il premier, dopo l’intervista alla Stampa nella quale Boschi lamentava l’accanimento dei “poteri forti” (leggi Bankitalia) contro la sua famiglia, aveva preso le distanze con il suo solito sarcasmo: “non credo più al gomplotto dai tempi di Biscardi”. Ieri Maria Elena gli ha reso pan per focaccia: “Alcuni – ha detto a Porta a Porta – cercano di leggere una connessione tra l’inchiesta Tempa Rossa e il referendum del 17 aprile sulle trivelle (Renzi l’ha fatto). Ma non credo sia corretto vedere dietrologie e complotti. Credo solo che la magistratura sia arrivata a conclusione di un lavoro”. “All’ombra del referendum il governo sembra logorato” arguisce Stefano Folli su Repubblica e segnala “il sequestro delle cartelle cliniche negli ospedali lucani, i sospetti adombrati sull’emergenza di tumori, le ipotesi di disastro ambientale”.
Una grande folla in piazza a Reykjavik, il primo ministro costretto a offrire le dimissioni dopo le rivelazioni sul conto, suo e della moglie, finito nel paradiso fiscale di Panama. É il titolo centrale del Financial Times, che apre con le multinazionali “furiose” perché Obama ha presentato nuove norme del tesoro che rendono più difficile per le aziende stabilire la propria sede all’estero alla ricerca di vantaggi fiscali, la cosiddetta tax inversion. “Lo scandalo del Panama Papers – ha detto il presidente degli Stati Uniti – mostra come l’elusione fiscale sia un problema globale. Le grandi aziende non possono giocare con regole diverse rispetto agli americani”. Nei guai anche la candidata presidente dell’estrema destra francese: “Les comptes offshore des porche de Marine Le Pen”, titola Le Monde.
Regeni, ultimatum dell’Italia all’Egitto, titola Repubblica. Secondo La Stampa invece “L’Egitto offre la prima testa”: “al Sisi sarebbe pronto a sacrificare un generale dei Servizi”. Si chiamerebbe Khaled Shalaby, il potere lo avrebbe incaricato di “seguire” il caso Regeni, nonostante già nel 2003 fosse stato condannato per aver torturato a morte un uomo e aver poi falsificato i rapporti di pulizia. Per ora è solo una siffatta alla stampa: vedremo. Intanto sempre più familiari di vittime egiziane delle “sparizioni” o “dei sequestri con tortura” si stanno facendo avanti nel nome di Giulio e per il parlare che si fa anche al Cairo del suo caso.
In breve. Il Papa andrà a Lesbo, tra i migranti, il 15 e il 16. Con il 56,5% dei voti Bernie Sanders ha vinto anche le primarie in Wisconsin: è la sua sesta vittoria consecutiva. Hilary Clinton è ancora in testa nel conto dei delegati ma – scrive New York Times – “la sconfitta evidenzia la sua difficoltà a connettersi con gli elettori giovani e i bianchi della classe operaia”. Ora Sanders punta sullo stato di New York, dove si vota il 19. Un suo comizio nel Bronx è stato seguito fa 18.500 persone (cifra del New York Times). Infine Podemos: dopo i quotidiani attacchi del Pais – perché Iglesias rifiuta di sostenere, con l’astensione, un governo PSOE-Ciudadanos – arriva una campagna dei giornali di destra, secondo cui il movimento ai suoi inizi avrebbe accettato soldi dal defunto presidente venezuelano Chavez.