Impressionante come la sappiamo lunga, dopo! Altan. “Undici arresti, cellula annientata”, dice Repubblica. “A Bruxelles preso un pesce grosso”, Corriere. “La doppia offensiva contro l’Isis”, Stampa. E qui ci si riferisce anche all’attacco siriano (reso possibile dall’aiuto russo) che sta strappando Palmira al Daesh, e a quello americano, che ha portato all’eliminazione di Haji Imam, uno dei caporioni, che sarebbe stato meglio catturare vivo (7 milioni la taglia) ma che alla fine è stato ucciso. I giornali oggi sottolineano il nesso inscindibile tra terrorismo, a Parigi e Bruxelles, e i viaggi dei kamikaze, tra Siria e Iraq. “La strage del Belgio, il deserto siriano: i due livelli della cellula”, riassume il Corriere. “Belgio Siria andata e ritorno”, – scrive Repubblica – “così i jihadisti delle stragi hanno attraversato l’Europa”. Ma se la stessa cellula ha fatto strage il 13 novembre a Parigi e il 22 marzo a Bruxelles, che cosa abbiamo fatto “noi”, francesi e belgi, cosa noi europei per ben 130 giorni? In Turchia avevano arrestato ed estradato uno dei terroristi: appena arrivato è stato rimesso in libertà. Il diavolo artificiere era noto da due anni. E poi c’è il mistero di Salah: se non era stato già segretamente catturato in Francia e non aveva vuotato il sacco favorendo il blitz a Saint Denis (dove fu ucciso il capo della “cellula” Abdelhamid Abaaoud) come mai magistrati e poliziotti belgi non gli hanno chiesto, nel primo interrogatorio, dei suoi complici a Bruxelles, quelli che avrebbero dovuto colpire insieme a lui e che, dopo il suo arresto, hanno deciso di anticipare le stragi? Marta Dassù scrive per la Stampa che “solo combattendo Daesh/Isis indeboliremo, almeno nel tempo, il retroterra del terrorismo europeo”, che serve “una sorta di Fbi all’europea, rafforzando strumenti comuni che esistono, come «Europol», e armonizzando in modo progressivo le legislazioni nazionali” (io penso piuttosto a una procura europea, un pool anti terroristi del Daesh a somiglianza del pool antimafia). “Infine – scrive Dassù – il «data base» messo in piedi attraverso gli accordi di Schengen può e deve essere utilizzato come strumento di sicurezza preventiva”. La sappiamo lunga, dopo.
Diritti, libertà, realismo. “Se cediamo alla paura, morirà la democrazia”, dice Zygmunt Bauman alla Stampa. “Contrariamente all’infame affermazione di Victor Orban, per cui “tutti i terroristi sono migranti”, quasi tutti i terroristi sono indigeni. La loro manovalanza viene reclutata tra giovani discriminati, umiliati e vendicativi che crescono in mezzo a noi senza futuro. Tenerli in condizione di privazione è un modo di cooperare con il terrorismo”. Sul Corriere l’ex premier belga Di Rupo, “Il mio paese non è fallito. Qui c’è libertà totale. Per questo è fantastico”, parla degli immigrati “di terza generazione” che “sono belgi e non si sentono belgi”. Come gli americani che ammazzano senza un perché: portano armi da guerra, consumano di tutto e mandano Washington a fottersi, come tanti fanno laggiù, ma poi odiano l’America e ammazzano. A proposito, non ho fatto mia (in un precedente caffè) la tesi di Olivier Roy secondo cui Salah e compagni sarebbero “nichilisti”: penso solo che sia quello di Roy uno dei modi per farci capire quanto “interna” (alla nostra cultura) sia la minaccia. Contro una tendenza che non è solo della destra e che chiamerò “tentazione chirurgica”: sono malato, mi taglio un braccio, o mi tolgo il bubbone dallo stomaco. Ma con le malattie degenerative non è così che funziona. Anzi, sempre più spesso devi conoscere il tuo Dna se vuoi combattere il cancro, non immaginare che il chirurgo lo asporti via e sia finita.
Regeni, la strage della verità, titola Il Fatto. “La polvere che viene dal Cairo”, Repubblica. “Nuovo depistaggio”, Corriere. “Ultima messinscena”, Stampa. Nessuno, per fortuna, fa finta di credere che possa esserci del vero nella tesi secondo cui Giulio Regeni sia stato sequestrato, torturato per giorni e infine ammazzato da cinque sequestratori (per lucro) in seguito uccisi in un conflitto a fuoco dalla polizia egiziana. Neppure il governo Renzi che ha reagito dicendo (ad Al Sisi?) : “Basta false verità”, come ci fa sapere Repubblica. E torniamo al punto: chi sono i “nostri” alleati? “La prima sconfitta di Erdogan nella sua battaglia contro la libertà”, scrive per Repubblica, Bernardo Valli. Ieri un tribunale turco avrebbe dovuto (secondo il potere) rimandare in carcere i giornalisti (liberati per decisione della Corte Costituzionale) che avevano mostrato le immagini di un camion dei servizi segreti carico di armi che passava il confine con la Siria verso l’Isis. Per questo quei giornalisti sono accusati di “terrorismo, spionaggio, tentato golpe”. Erdogan si è costituito parte civile, ma le manifestazioni di protesta davanti al tribunale, e la presenza di deputati ed euro deputati europei, ha impedito per il momento di rimetterli dentro. Una vittoria, sia pur provvisoria.