“E la libertà di stampa?”, il Corriere a pagina 3 dice che Renzi ha evocato, al tavolo dell’Europa con la Turchia, il caso Zaman, giornale d’opposizione chiuso da Erdogan e trasformato in foglio di regime. Non so se l’abbia detto, come fanno intendere molti giornali, per convenienza tattica, addirittura per costruire un fronte con il fascista ungherese Orban, che ammazzerebbe ogni profugo, e con l’Austria, che vuole sigillare le frontiere, ma è comunque da apprezzare che quella frase Renzi l’abbia pronunciata. A proposito del vertice Corriere, Repubblica e Stampa titolano: “Profughi, il prezzo di Ankara”, “La Turchia alza il prezzo”,”Solo un mezzo accordo”. La Turchia chiede 6, non 3 miliardi, Per fare che? “Non si tratta per l’Europa, spiega Alberto Toscano, Repubblica, di aiutare la Turchia — come sarebbe giusto — a garantire migliori condizioni per i due milioni e mezzo di migranti, in maggioranza siriani, che già si trovano sul suo territorio, ma piuttosto di retribuire il custode degli accessi all’Europa per un’azione di blocco dei flussi. Ricordate l’“amico Muammar”, cui noi italiani avevamo affidato il compito, politicamente tutt’altro che gratuito, di fermare l’arrivo sulle nostre coste di migranti africani? Oggi l’Europa conta sull’“amico Tayyip”. E per trasformarsi nel custode delle nostre frontiere daremmo a questo “amico” molti soldi, l’ingresso di fatto nell’Unione, il via libera a risolvere i suoi conflitti con giornali e curdi. La tragedia è che l’Europa, spaventata dall’arrivo dei profughi, non sembra avere alcun piano B.
L’ipotesi di un intervento militare in Libia, scrive Massimo Franco per il Corriere, è stato rinviato “nei tempi che occorreranno alla Libia per formare un governo degno di questo nome”. E comunque ci vorrà un passaggio in Parlamento. Quanto alla possibilità di utilizzare forze speciali, adesso si parla di «alcune decine di uomini». Anche in questo caso possiamo tirare un respiro di sollievo. Ci sono, tuttavia, alcune cose su cui non bisogna tacere. La questione degli ostaggi. Appare probabile che l’Italia stesse “trattando” senza avere informato “l’alleato” libico. L’irruzione e l’uccisione di Failla e Piano, come l’abbandono di Calcagno e Policardo – si sono liberati da soli – rientrano in tale contesto. E un “ministro” del governo di Tripoli, Ali Ramadan, dice oggi al Corriere: “Se è stata pagata una somma, violando la nostra sovranità, sono stati finanziati i terroristi”. Capisco come sia difficile muoversi in Libia, ma ora “i servizi” chiariscano. Come è inaccettabile il silenzio di giornali e governo sull’attacco sanguinoso di militanti jihadista alla caserma di Ben Gardane, in Tunisia, vicino al confine libico. L’Italia avrebbe il dovere di appoggiare, con aiuti economici e accordi bilaterali politici e culturali, la Tunisia, unica seria difesa contro i fanatici assassini.
L’UE richiama l’Italia: conti a rischio. Si sapeva che sarebbe successo. Niente di troppo grave, si tratta. Però, con buona pace degli ottimisti per mestiere, la ripresa non c’è: Fitch prevede una crescita solo dell’1 per cento quest’anno, i conti della legge di stabilità danzano sul burrone di un deficit superiore a quello consentito da Bruxelles che, flessibilità inclusa, è del 2,6%. La produttività è bassa, gli investimenti non arrivano, e la congiuntura internazionale, con il rallentamento cinese e la crisi dei paesi emergenti, ridimensiona ogni attesa positiva. Il numero di Left che stiamo chiudendo – sarà in edicola sabato – prova a raccontare proprio questa Italia dello zero virgola. Vincenzo Visco, Cesare Romiti, Massimo Florio, fra gli altri, provano a fotografare la situazione e a dare dei buoni consigli al governo, il quale dovrebbe smetterla di presentare quei decimali in più del PIL come la vittoria delle Termopoli. Intanto impazza la polemica sul dopo primarie. “L’affluenza di Roma riaccende la lite nel Pd”, “Bray disposto a correre ma Fassina vuole le primarie”. “La logica delle primarie – scrive Stefano Folli per Repubblica – prevede che dietro al vincitore si alleino gli sconfitti (ma) il fatto è che (anche dentro il Pd) esistono ormai due visioni diverse e talvolta opposte del centro sinistra”. Non fa una grinza e la “minoranza” dovrebbe prenderne atto, invece di fare incomprensibili dichiarazioni “politiciste” – ha ragione Folli – del tipo “il doppio incarico non funziona più”.
La Boschi licenzia la vigilessa di Renzi, scrive il Fatto. Si tratta di Antonella Manzione, ex capo dei vigili di Firenze quando Renzi era sindaco, poi chiamata a dirigere il dipartimento per gli affari giuridici e legislativi di Palazzo Chigi. L’articolo, piuttosto interessante, narra la ragnatela che Maria Elena avrebbe costruito per controllare l’azione quotidiana di Palazzo Chigi. Forse guardando oltre Renzi, forse per proteggere Matteo da se stesso. Non so quanto ci sia di vero in questa analisi del giornale diretto da Travaglio, ricordo tuttavia di aver segnalato per tempo come la cifra di Renzi sia proprio la sua genialità (quando si tratta di concentrarsi sullo scontro politico in atto) ma anche una intollerabile improvvisazione (nella gestione di ogni altro affare di stato). Ricordo di aver detto tra i primi come la Boschi non fosse uno dei tanti yes man o capi bastone che circondano il premier, ma una politica molto determinata e capace di costruire una sua squadra. Sono stato insultato e umiliato da gente che ha voluto leggere in quelle frasi analisi allusioni sessuali che non erano nella mia mente. Visto che ci sono, do atto a Monica Maggioni, la quale a suo tempo mi ha sostituito alla direzione di Rainews24, che “c’è un’ultima barriera contro le donne di potere: i luoghi comuni”. Lo scrive per la Stampa. Penso che molte donne, in magistratura, nelle aziende, in politica, siano migliori dei loro colleghi. La “genialità” del Renzi, per quel che vale, è l’eccezione che conferma la regola. Proprio per questo trovo buffo che non si possa criticare una donna. Dietro il politicamente corretto si nasconde spesso un antico maschilismo.