+0,7 come scrive Repubblica o + 0,6 secondo i conti che fa la Stampa, certo, osserva il Corriere, “i dati sulla crescita sono al di sotto delle previsioni”. Dopo la corsa nel 2015 (corsa, comunque, prudente) a cambiare l’auto vecchia, i consumi in Italia non sono cresciuti come si sperava, la produzione industriale si è fermata, mentre le sofferenze bancarie – 201 miliardi di crediti non esigibili – potrebbe costringere a mettere sul mercato tanto patrimonio immobiliare ipotecato, cosa che deprimerebbe la ripresa del mattone. Si può dire che il male è comune: International New York Times spiega che l’Europa intera non riesce a tornare indietro al 2008; l’eurozona cresce con il ritmo lento dell’1,1% l’anno. Troppo poco per togliersi di dosso la depressione, per dare fiducia ai consumatori e impulso agli investimenti. C’è poi chi va un po’ meglio, la Spagna – miglioramento relativo e da una caduta rovinosa- il Portogallo, la Francia, paesi – osserva Repubblica – che hanno sfondato il muro del 3% del deficit. Noi però – lo spiega bene il Corriere a pagina 6, “Check Up sull’Italia” – abbiamo un debito pubblico passato dal 103% del 2007 al 132,8% del 2015 e restiamo perciò un osservato speciale in Europa e nell’eurozona. Il governo dovrebbe, dunque, mettere in conto una forte resistenza all’idea di far saltare – solo per noi, perché noi siamo “bravi”, perché ci sbarazzeremo del Senato, perché ci vantiamo della stabilità di governo – le clausole di salvaguardia (aumento dell’IVA se non si resta nei parametri) e deroghe al tabù del 3%.
Chiesa russa e chiesa di Roma. Papa Bergoglio dava sfoggio di umiltà, ieri, davanti al patriarca russo Kirill mentre, sornione, elogiava Cuba, “isola dell’unità” e il suo Presidente (Raul Castro). Il lungo comunicato comune ci ricorda come le chiese, cattolica e ortodossa, siano da millenni alleate con il potere. La famiglia, composta da un uomo e una donna, legati da un amore che è dono di Dio e non sentimento condiviso finché persiste, la famiglia che deve educare i figli alla fede e al rispetto dell’autorità, è la pietra sia dell’ordine costituito che della fede. Kirill, molto compiaciuto dell’umiltà francescana – mentre i suoi preti si mostravano stupiti e grati – è pur sempre quella “santità” che ha condiviso l’anatema di Mosca contro gli omosessuali e ha definito Putin “un dono di Dio”. Certo il giubileo della misericordia è un’altra cosa, il tentativo di non discriminare, di non escludere per le scelte sessuali, né per quelle religiose e tanto meno politiche. Ma, appunto, un tentativo, e assai arduo. In futuro, se la chiesa di Francesco proseguirà il confronto con protestanti, ebrei, islamici sciiti e sunniti, se diventerà carne – cioè iniziativa politica – l’idea del Papa che dietro la “terza guerra mondiale” ci sia la grande finanza speculativa, la logica di potenza e imperialista, le disuguaglianze crescenti, quel giorno, forse, i cattolici coltiveranno il loro amore, onoreranno i loro valori, senza provare a imporne le forme al resto della comunità. Intanto teniamoci la gaffe di Bagnasco, che dice al Parlamento che deve votare e obiettare in segreto. E celebriamo come fatto storico – lo è – l’abbraccio del papa con l’amico di Putin.
La tregua in Siria, benedetta da Kirill e Francesco, viene già messa a rischio dai “ribelli” islamisti e dal protagonismo di Assad. Poche storie: questa tregua – un passo avanti ha detto Mogherini – è stata accettata dagli americani dopo – e per via – dei durissimi bombardamenti su Aleppo. Si è visto, infatti, che le truppe di Damasco, sorrette dal formidabile aiuto russo e da quello non meno importante di iraniani e hezbollah- avrebbero potuto vincere in poche settimane. Contro Daesh e contro formazioni più o meno derivate da Al Qaeda che perseguono obiettivi simili a quelli del sedicente califfo ma si dicono nostri alleati. Dunque, stop ai combattimenti, un po’ di tempo per trarre in salvo popolazioni assediate e ridotte alla fame, tempo per l’Arabia Saudita che ha bisogno di due mesi per mandare in Siria un esercito. Assad fa il bullo sperando di restare in sella, i “ribelli” non ci stanno perché vorrebbero un premio pe il sangue versato, non ci sta nemmeno la Turchia, che chiede una no fly zone ai confini (paura dei russi, voglia di favorire gli alleati turcomanni e islamisti contro i curdi) e se no minaccia di inondare l’Europa con profughi siriani. Intanto la pace arranca pure in Iraq: molti sunniti non si fidano del governo di Bagdad, troppo amico dell’Iran, non dei Curdi né degli iracheni sciiti, e si chiedono che ne sarà di loro, quando Al Bagdadi sarà cacciato e costretto a fuggire, magari alla volta della Libia. Il catalogo è questo.
Mi scuso con i lettori più affezionati per aver mancato, ieri, l’appuntamento con il caffè. Dopo 50 anni trascorsi correndo dietro alle notizie, al senso che potevano avere, alla politica, anch’io, probabilmente, dovrò fermarmi qualche tempo per un tagliando privato.