Offresi coscienza in affitto. Coscienza, capite, non utero! Altan colpisce per la sua magistrale capacità di connettere, di far convergere rette che sembravano parallele, svelando che l’universo della politica è curvo e non piano. Ieri il presidente del Senato, Grasso, ha imposto che il voto per non procedere all’esame degli articoli della legge Cirinnà fosse palese, non segreto. Lo ha deciso – ha spiegato – perché la legge parla di “unioni civili”, “formazione sociale specifica” e dunque si muove pienamente nell’ambito dell’articolo 2 della Costituzione, “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” e non investe l’articolo 29, “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Le pregiudiziali sono così state respinte da una maggioranza molto ampia: 195 contro 101. Sembrava fatta per le unioni civili, ma subito dopo si è riunita la conferenza dei capi gruppo, su richiesta di Zanda, e ha deciso di diluire nel tempo l’esame del ddl Cirinnà: primo appuntamento martedì 16, poi una sospensione per parlare del consiglio europeo, poi forse un’altra pausa per ratificare un decreto legge che scade il 28 febbraio; insomma, per quel che capisco, l’approvazione in prima lettura slitta a marzo. “Un premier condizionato dalla paura di stravincere”, scrive Massimo Franco per il Corriere. Il Pd prende tempo per far sopire le tensioni, per diluire l’ira (solo mediatica, visti i posti di potere ottenuti) di NCd, per ammansire i cattodem, che si sentono “sacrificati” dalla “svolta a sinistra” del premier.
Imputato Renzi, si difenda. Messo sulla graticola per il suo comportamento altalenante a proposito dell’Europa, Matteo Renzi scrive a Repubblica e si difende dalle accuse di Scalfari, senza nemmeno chiamarlo gufo. Prima accusa: Renzi va a Ventotene ma non è europeista, tanto che lascia cadere la proposta dei banchieri centrali per un ministro del tesoro europeo. Risposta di Renzi: “oggi il problema dell’economia dell’Unione non è il super ministro ma la direzione, perché negli ultimi anni l’Europa ha sbagliato strada”. “Negli otto di presidenza democratica – prosegue Renzi – gli Stati Uniti hanno puntato su crescita, investimenti e innovazione. L’Europa su austerity, moneta, rigore”. Seconda accusa: il governo non ha chiesto una nuova e diversa politica economica, si è imitato a fare il furbo, a pretendere un occhio di riguardo, a eludere regole sottoscritte, mostrandosi così poco affidabile. Risposta di Renzi: così fan tutti, “dal Regno Unito, alla Spagna, alla stessa Germania”. Terza accusa: Renzi si preoccupa dei sondaggi, fa il populista per non perdere voti alle amministrative, tuona contro Bruxelles per vincere il referendum e prepararsi alle politiche. Non è vero, risponde Renzi “L’Italia non fa polemiche in Europa perché ha un problema di consenso interno. Voteremo in Italia dopo il referendum inglese, dopo il nuovo governo spagnolo, dopo le elezioni in Francia, Germania, Olanda, Austria”. Dunque la scelta di non votare, di cambiare quasi tutti – le riforme – pur senza avere ricevuto alcun mandato esplicito dagli elettori, viene presentata come un merito: “Siamo il paese con maggiore stabilità in Europa”. Grazie a questa stabilità il governo difende “l’identità culturale ed economica” del paese, per poter imporre all’Europa “una strategia globale sull’immigrazione, una visione unitaria del sistema finanziario, regole comuni sulla selezione dei candidati alla guida dell’Europa, a cominciare dalle primarie per la presidenza della Commissione”. Insomma, lasciatemi fare. Un peana di Matteo a Renzi . Come al solito il rottamatore si dimostra privo di una visione del futuro, di una strategia che sia comunicabile e discutibile ma ha la forza di non avere competitors, per il fallimento dei vecchi e la latitanza dei giovani.
In breve dall’Italia e dal mondo. Yellen annacqua, e diluisce nel tempo, il suo proposito di rialzare i tassi e le borse ieri hanno tentato un rimbalzo. “La Fed frena e le borse corrono”, titola la Stampa. Da segnalare anche un mezzo sì dell’Europa a una gestione comune delle sofferenze bancarie; ma dietro il decreto italiano si nasconderebbe il rischio di dover mettere sul mercato molti immobili ipotecati, deprimendo il mercato del mattone. Oggi i giornali scoprono che anche molte giovani donne americane preferiscono Bernie a Hilary (“Bernie e Bianca” – come Casa Bianca – titola il manifesto) e Maria Laura Rodotà spiega al Corriere: “Lavorano troppo, pagate poco, temono spese mediche insormontabili e creditori istituzionali; piuttosto che votare una donna, hanno preferito mandare un segnale anti-establishment, e anti-Wall Street”. La Stampa scopre la “struttura delta”, di Casaleggio, un gruppo di super esperti del web – almeno una, Cristina Belotti, viene dalla destra, dal “pensatoio” di De Debbio -, struttura che servirebbe a controllare il movimento e a far soldi. Sempre per la Stampa, De Siervo ricorda come la Costituzione consegni agli elettori la scelta del parlamentare, mentre il “codice di comportamento” grillino (come già Berlusconi e in sintonia con Renzi), pretende che il voto affidi il mandato direttamente al partito. Infine, con un’intervista al manifesto, Alfredo D’Attorre annuncia che “Sinistra Italiana” a dicembre si costituirà in partito e che di Ulivo si potrà parlare di nuovo solo dopo la sconfitta di Renzi.