“Ecco chi sapeva, quelle telefonate su Quarto e 5Stelle”. Il Corriere pubblica stralci di telefonate della Capuozzo, “il sindaco (che) resiste a Grillo”, come scrive Repubblica, provocando una “Bufera a 5 Stelle”. Ma alla fine, a Quarto, cosa è veramente successo? Alfonso Cesarano, boss di Camorra, a maggio avrebbe voluto far votare Pd, nella persona di tale Mario Ferro, ma la lista non fu ammessa e così il bravo camorrista spostò i suoi voti su un altro politico locale, Giovanni De Robbio, candidato dei 5 stelle ed espulso dal movimento solo un mese fa. E il sindaco che c’entra? Per conto del boss De Robbio avrebbe cercato ricattare Rosa Capuozzo facendole vedere la foto di un ex tipografia del marito parzialmente trasformata in abitazione. Abuso “sanabile” qualora la mansarda sulla tipografia fosse stata abitata dal 2003. Purtroppo la foto è posteriore e una perizia mostrerebbe che “i lavori erano in corso” ancora l’anno scorso. Come reagisce la prima cittadina? Informa i leader del (suo) movimento perché intervengano, ma intanto pubblicamente tace, per preservare il blasone dei puri e degli onesti. Fino a quando non viene travolta dallo scandalo: lo chiede Saviano, Grillo la caccia. Quale lezione da trarre? Che in politica non basta dirsi puri né tagliare teste. Perché in prima fila, a vederle rotolare quelle teste giù dalla ghigliottina, si possono sedere anche mafiosi e affaristi. “La mafia non è qui, la mafia è a Roma. La politica è la vera mafia”. Quante volte l’avrò sentito? Oggi 5 Stelle perdono la verginità. Chissà se capiranno che l’invidia sociale è un pessimo surrogato della lotta di classe e che democrazia e trasparenza interna tutelano l’onestà delle intenzioni meglio del furore settario e del capo garante.
Schiforme c’è chi dice NO. La parola “schiforme”, usata dal Fatto, non mi piace. Perché consente (per esempio) a Massimo Franco di scrivere sul Corriere che “gli avversari stanno affrontando l’appuntamento (del referendum) con un atteggiamento speculare” a quello di Renzi. Il quale parla di “riforme” senza mai entrare nel merito e vuole trasformare il referendum in un plebiscito su tutta la sua politica (compreso l’appoggio a Federmeccanica, disposta a concedere aumenti salariali appena “a un 5% dei metalmeccanici”, come confessa a Repubblica il suo presidente”). Il capo del governo è in difficoltà “ Teme i contraccolpi dello scandalo delle quattro banche locali salvate; e l’impatto sul ruolo del ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. Il coinvolgimento del padre, vicepresidente di Banca Etruria, è una zavorra oggettiva”, scrive proprio Franco. Nulla gli farebbe più comodo di un’opposizione che gridi e scalpiti ma non affondi il colpo nelle contraddizioni della sua politica. Ben altra accortezza mostrano Villone sul Manifesto, “Se perdo vado a casa! Renzi vuole sequestrare domani la libertà di voto degli italiani come ha sequestrato la libertà di voto dei parlamentari” e Zagrebelsky (che anche il Fatto pubblica) “Verrebbe voglia di interrogare i fautori della riforma – innanzitutto il presidente della Repubblica di allora, il presidente del Consiglio, il ministro – e chiedere, come ci chiedevano a scuola: dite con parole vostre che cosa avete capito. Qui, addirittura, che cosa avete capito di quello che avete fatto? Saprebbero rispondere?” La battaglia per il referendum è appena cominciata. Persino Speranza che (sbagliando, con Chiti, Bersani e Cuperlo) ha votato sì alla riforma costituzionale, avverte “se dal referendum nasce il partito della nazione – ed è palesemente quello che Renzi vuole – allora il Pd è morto”. Coraggio, a ottobre il No può vincere. Se non proseguiamo a farci del male.
Libia, blitz umanitario dell’Italia. La Stampa promuove a tutta pagina una piccola operazione dell’aeronautica militare per 15 agenti feriti in un attentato dellIsis. Ieri è stato anche bombardato un convoglio dell’Isis vicino a Sirte, ma nessuno sa di che nazionalità fossero quei caccia. La Germania si dice disposta a mandare 200 soldati in Libia “per addestrare i locali insieme agli italiani”. Peccato che in Italia il governo non sveli le sue intenzioni al Parlamento. Evidentemente il premier ritene che le “riforme” ancora in fieri e gli accordi internazionali lo liberino da ogni vincolo. É la politica dell’uomo solo che vuol decidere “legibus solutus”. Che si schiera con Merkel contro la povera Grecia (pensando di ottenere in cambio più “flessibilità”) poi bombarda la Cancelliera con paroline e allusioni, provocando lo sgomento di commentatori come Stefano Folli: “Renzi versus Merkel, un gioco pericoloso”. Da parte mia riconosco da sempre al premier di essere un politico abile, l’unico su piazza. Fiuta che la donna Time dell’anno può diventare l’imputata dell’anno e si arruola nelle fila dei suoi asfaltatori. Si comporta all’estero come in Italia. Solo che la Merkel non è la Camusso e accodarsi a Trump che ieri ha insultato la cancelliera, a Cameron che la ricatta con il referendum sull’Unione, ritrovarsi con Kaczyński e Orban, può risultare molto pericoloso. L’istinto serve, ma senza una visione prima o poi si inciampa. E la caduta può essere rovinosa.