Il ritorno della tempesta perfetta, scrive Mario Deaglio per la Stampa. “Improvvisamente e quasi contemporaneamente, quattro venti cattivi hanno preso a soffiare a ritmo di bufera”. Il rallentamento dell’economia cinese, che non regge più l’iper-produzione e l’iper-inquinamento degli ultimi anni; la paura devastante di una guerra in Medio Oriente; poi gli “Stati Uniti dove “la debolezza dei titoli petroliferi, la situazione non chiara di molte banche, la mancanza di buoni segnali di crescita hanno creato un cocktail di negatività con pochi precedenti”; infine “ecco il quarto vento di tempesta – scrive Deraglio -, un ciclone che scuote un’Europa incapace di prendere alcuna vera iniziativa né sul fronte del terrorismo né su quello delle migrazioni, con un’economia che complessivamente vivacchia senza riuscire a dare vere prospettive di lavoro ai giovani; un’Europa che almeno per il momento, non si sgretola ma sicuramente si screpola”. Lo sapevano ma è successo. Tempesta perfetta.
Shangai crolla del 7%, per Wall Streat peggiore inizio dal 1932, i listini Ue brciano 264 miliardi. Queste le conseguenze, come le racconta il sotto titolo di Repubblica. La Stampa il quarto fattore di instabilità: “Troppi migranti, il nord europa si blinda”. Non solo la Danimarca, ma anche la Svezia sospendono gli accordi di Shengen. E L’Italia rischia di farlo perché la Slovenia ha tolto il filo spinato e sta facendo passare i migranti che transitano da lì verso nord e ovest. Non è la fine del mondo, ha ragione Lucrezia Reichlin intervistata Repubblica. Dopo tutto, raffreddando il motore, Pechino sta provando a dare alla locomotiva cinese una stabile velocità di crociera. É naturale che Wall Street si accorgesse che la Fed non relagerà più dollari, che consumi e occupazione non potranno più crescere negli States come al tempo di Clinton. In Medio Oriente, Lavrov e Kerry si offrono di mediare, invitano alla calma anziché soffiare sul fuoco. E in Europa la ripresa c’è, anche se “selettiva”. Si naviga a vista, dunque, manca un nuovo assetto multipolare, della politica come dell’economia, servono strategie innovative e non danze della pioggia per scongiurare le guerre e propiziare la ripresa, ma la crisi fine-del-mondo è solo un fantasma staliniano.
Così Matteo Renzi tornato fanciullo – nella foto che lo mostra con Marchionne e un modellino di auto tra le mani – , Matteo Renzi, dicevo, che era rientrato in fretta dalle vacanze in montagna per correre in borsa e paragonare la velocità della sua Italia a quella di una Ferrari, ma era stato sbertucciato dopo la sospensione del titolo per eccesso di ribasso, in serata ha potuto tirare un respiro di sollievo, quando il marchio del Cavallino Rampante, riammesso alle contrattazioni, ha persino chiuso con un leggero rialzo.
Quo evado? Giannelli si occupa di Checco Zalone e del successo del suo film. Preparato da una perfetta (e costosa) strategia del marketing – non c’è cinema di provincia che non abbia il film, in un multisala, Quo Vado aveva sequestrato tutti gli schermi – e sfruttando l’assenza, quest’anno, dei cine-panettoni e la mezza delusione per Guerre Stellari, il comico ha fatto numeri da record. Perchè no? Non si può parlare solo di guerre, di crisi, o delle mirabolanti imprese al femminile dei fantasy o dei numeri ballerini del ministro. Una risata non seppellirà forse nessuno ma riporterà un po’ d’ordine tra i succhi gastrici.
Le Monde ricorda l’anniversario di Charlie Hebdo. Il Fatto pubblica un’intervista alla presidente della Camera in cui la Bordini spezza una lancia per il no al referendum costituzionale. I giornali di destra fanno i maramaldi contro Ilaria Cucchi, ma la verità del pestaggio in caserma si fa, faticosamente, strada. Oggi chiudo il primo numero di Left, una rivista per la sinistra. Da sabato in edicola.