Marine Le Pen perde la sua sfida, dice il Corriere; “La Francia ferma l’onda Le Pen”, Repubblica. Come è andata? É aumentato il numero degli elettori tra primo e secondo turno: il 9% in più di francesi è corso alle urne per dire no all’estrema destra (che solo a Marsiglia è riuscita ad aumentare i consensi rispetto alla prima domenica). Perché? Spiega a Liberation Nicolas Lepourzg che il 67% dei francesi ritiene Marine Le Pen “settaria”, che il 60% considera il Front National “pericoloso per la democrazia” mentre solo una minoranza, il 31% pensa che “possa governare il paese”. Vuol dire che la Le Pen oggi perderebbe le presidenziali al ballottaggio sia contro Sarkozy che contro Hollande. L’estrema destra è però ormai molto ben radicata in Francia, e fin quando Marine potrà presentare socialisti e repubblicani come finti avversari, due facce della stessa politica, la sua opposizione antisistema sarà seducente.
I Repubblicani vincono le regionali, scriveva ieri sera Le Monde-on-line. In effetti hanno conquistato 7 regioni su 13, e fra queste le più popolate, a partire dalla regione di Parigi, l’Île de France. Ma nelle tre regioni dove il Front era più forte questo risultato è stato ottenuto grazie ai voti socialisti. Mentre Sarkozy non è riuscito a dimostrare che l’estrema destra si possa battere rubandogli anima e programma. Così Juppé propone di tornare ai valori repubblicani, al contratto sociale, contro la Francia fondamentalista di Marine Le Pen. La corsa di Sarkozy verso l’Eliseo non è più incontrastata, anzi appare ora in salita.
Aucun soulagement, aucun triomphalisme, ecco l’appello lanciato dal primo ministro socialista, Manuel Valls, subito dopo il voto. Eppure i socialisti avevano appena recuperato 5 regioni su 13. Quasi nessun commentatore avrebbe scommesso che gli sarebbe andata così bene. E tuttavia il voto conferma che l’azione del governo continua a non convincere una maggioranza dei francesi, mentre le sconfitte di misura in Normandia e Île de France mostrano quanto sia diventato difficile riportare i voti delle sinistre (plurali) sui candidati socialisti. Il Ps limita i danni, ma appare troppo lontano dai luoghi della sofferenza, dalle periferie disastrate, dai giovani senza lavoro, dal mondo del precariato e dai piccoli borghesi “raleurs”, incazzati. Hollande può cercare di rilanciarsi sui temi della lotta al terrorismo islamico e della grandeur. Ma per le presidenziali il partito resta una palla al piede.
L’indignato della Leopolda. Proprio così, ieri Matteo Renzi è parso voler togliersi d’impaccio mostrandosi più indignato degli indignati di Occupy Wall Street. Indignato perché i suoi avversari o sono sciacalli “che speculano sui morti”, e dunque gli “fanno schifo” o sono frustrati “che si sfogano con maldicenze e insinuazioni” (Saviano). Non direi che il suo do di petto abbia convinto gli osservatori. Scrive Stefano Folli per Repubblica: “Orgoglio misto a stizza e a una punta d’arroganza nel replicare ai critici, a chi come Saviano ha evocato il conflitto d’interessi dentro il governo sulla questione delle banche… la linea emersa a Firenze è del tutto autoreferenziale, non ci sono altri nomi e protagonisti se non in negativo. E se la difesa di Maria Elena Boschi è senza incrinature, la vistosa assenza della ministra (salvo per i venti minuti del suo intervento) è apparsa come lo specchio di un non-detto, di una difficoltà politica rimossa perché non ammissibile”.
Dove ha sbagliato il governo? Sulla vicenda delle banche salvate e dei risparmiatori truffati, ha sbagliato 3 volte. Primo: presentando il blitz salva banche, deciso una domenica pomeriggio, come una sorta di tocca sano, sottovalutando la rogna che sarebbe emersa quando gli obbligazionisti si sarebbero accorti di aver perso dei soldi. Secondo: quando è venuto fuori il problema, il governo ha cercato di scaricare la colpa sulle autorità di sorveglianza (Consob e Banca d’Italia) e sull’Europa la responsabilità di avergli legato le mani, impedendogli di far fare di più e di meglio. Terzo errore. oggi, credendo di poter tacere sulla collusione ambientale (che non è responsabilità penale e, forse, neppure politica) tra le famiglie di alcuni esponenti del governo e la Banca dell’Etruria al centro dello scandalo. Sarebbe stato meglio spiegare, entrare nei dettagli, rendere trasparenti le entrate e le uscite dai conti dei genitori. Il governo non può indignarsi quando un intellettuale (Saviano) o un Giornale (Il Fatto) accusano di essere in conflitto d’interesse. Deve spiegare che non è vero.